Protezione del patrimonio italiano: Scudo Blu e Croce Rossa in prima linea

Venti Scudi Blu apposti sui monumenti di Brescia e Bergamo nel 2023, tre Scudi Blu per Pesaro e altri ancora. Negli ultimi due anni l’Italia ha assistito ad un proliferare di Scudi Blu, il simbolo della Convenzione dell’Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato che viene apposto in tempo di pace per assicurare ai beni protezione da disastri naturali e da attacchi in caso di conflitto. In Italia, fino al 2024, ad occuparsi dell’apposizione dello Scudo è stata la Croce Rossa italiana (CRI) con il benestare del Ministero della Cultura. Tra il 2023 e 2024, l’apposizione del Simbolo è coincisa, salvo qualche eccezione, con la nomina di Capitale della Cultura: prima Brescia e poi Pesaro, come indicato sul sito della CRI. Le uniche regioni rappresentate nell’elenco dei 30 beni iscritti sono la Lombardia e le Marche (si veda la Tabella). Nell’autunno del 2024 la situazione diventa più complessa con la nascita dal capitolo italiano dello Scudo Blu, l’ufficio nazionale del Blue Shield International, organizzazione internazionale fondata nel 1996, derivata dalla Convenzione stessa, per proteggere i beni culturali da conflitti armati e disastri naturali generati dall’uomo. I capitoli nazionali nascono nel 1996, quando Patrick Boylan propose di affiancare la Convenzione con un organo operativo per la protezione dei monumenti. L’articolo 27 del Secondo Protocollo della Convenzione (1999) identifica lo Scudo Blu come strumento, accanto a organizzazioni come l’Iccrom e la Croce Rossa, per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto. Attualmente esistono 34 comitati nazionali. Le attività del Scudo Blu Internazionale vengono coordinate con altre organizzazioni coinvolte nella protezione del patrimonio culturale, collaborando anche con esercitazioni della Nato assieme ad altre Ong. Come si diceva, il quadro italiano è oggi più complesso perché anche lo Scudo Blu Italia ha pieno diritto di ‘scudare’ beni da proteggere.

Lo Scudo Blu italiano

La prima riunione dello Scudo Blu italiano si è tenuta a Roma il 1° ottobre, con i saluti delle quattro associazioni fondatrici: Anai (Associazione Nazionale Archivistica Italiana), Aib (Associazione Italiana Biblioteche), Icom (International Council of Museums) e Icomos (International Council on Monuments and Sites). A guidare i lavori è stato Alberto Garlandini, attuale presidente della Fondazione Icom e già presidente di IcomItalia e Icom International, il quale ha sottolineato la visione complessiva del Comitato e l’importanza della sensibilizzazione, anche a livello amministrativo, per la protezione del patrimonio culturale. In agenda c’era la costituzione dell’Executive Board tramite voto dell’Assemblea Generale degli iscritti.

Alla riunione hanno partecipato quattro delegati incaricati dal Blue Shield International: Alberto Garlandini per Icom, Paolo Saronia, dirigente del Consiglio Nazionale delle Ricerche e delegato di Icomos, Bruna La Sorda, professionista ligure con esperienza nella gestione dei disastri e delegata di Anai, e Laura Ballestra, bibliotecaria responsabile dei servizi al pubblico in Liuc e presidente di Aib. A questi si è aggiunto Daniele Spizzichino, ingegnere dell’Istituto di Protezione Ambientale e membro di Icomos, che ha lavorato per due anni assieme ai quattro delegati su protocollo e statuto dello Scudo Blu italiano.

Durante la discussione, è stato ribadito che i bisogni umanitari delle persone colpite da conflitti e disastri naturali provocati dall’uomo devono includere anche la protezione del patrimonio culturale. Oggi si ha una visione più ampia del concetto di patrimonio rispetto a quanto previsto dalla Convenzione dell’Aja del 1954, includendo anche il patrimonio diffuso, immateriale e naturale, tutti meritevoli di protezione. Spizzichino ha sottolineato come la protezione del patrimonio culturale sia stata ormai integrata nella gestione dei rischi naturali e nelle attività dei volontari. Spizzichino, insieme agli altri, ha lavorato alla definizione del protocollo, del regolamento e dello statuto del Comitato, un processo reso più complesso dal coinvolgimento delle quattro società fondatrici.

Fonte: Il Sole 24 Ore