Inclusione e guerra, il coffee shop di Beirut dove lavorano ragazzi disabili

L’istruzione come leva per un nuovo modello di impresa sociale capace di accompagnare lo sviluppo di Paesi, come il Libano, dove è sempre più urgente dare vita a opportunità di lavoro e inclusione per tutti. Una necessità che nasce anche come risposta alla guerra in corso, che sta mettendo a rischio il lavoro di molte realtà impegnate da anni in progetti di formazione e inclusione dedicati alla popolazione più svantaggiata. La storia di Agonista, il coffee shop di Beirut nato nel 2018 da un’idea del fisioterapista Wassim el-Hage e arrivato in pochi anni a impegnare circa 20 ragazzi con disabilità intellettive, si impone come modello di impresa sociale pionieristica dedicata alla formazione e all’inserimento lavorativo di persone con bisogni speciali, guidando i primi programmi di formazione professionale nell’intera regione Mena (Medio Oriente e Nord Africa). Una realtà che ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti per il suo impatto sociale, tra cui la vittoria della “Empowering Abilities Challenge 2023” dell’UN-ESCWA e il primo premio al Summit delle PMI arabe del 2023.

La storia

Una partenza difficile, che si è scontrata con la crisi economica libanese del 2019, poi con la pandemia fino alle conseguenze dell’esplosione del porto di Beirut nell’agosto 2020 che ha danneggiato gravemente la struttura del primo caffè e ai bombardamenti israeliani che hanno richiesto la chiusura dei punti vendita. Una salita che non ha scoraggiato el-Hage, tanto da portare al raddoppio dei punti vendita nel 2021 e all’aumento degli occupati. «Oggi siamo chiusi – spiega il fondatore di Agonista – perché la priorità è tutelare la vita dei nostri dipendenti. Al momento, tutte le risorse sono destinate all’emergenza per sostenere i bisogni primari degli sfollati. Questo rende molto difficile per noi e altre imprese sociali continuare a operare. Cerchiamo di pagare gli stipendi e i nostri fornitori ma la situazione è sempre più pesante. Inoltre, collaboriamo con alcune Ong nella preparazione di cibo per gli sfollati. Per supportare questa rete di aiuti, però, abbiamo bisogno di fondi”.

La guerra sposta l’attenzione dalla progettualità al bisogno immediato, una consapevolezza forte che fa emergere con ulteriore chiarezza il valore del lavoro svolto dalle imprese sociali, che passa per l’istruzione. «Attraversiamo una situazione drammatica ma quando la guerra sarà finita le imprese sociali avranno tantissimo lavoro da fare, spesso ripartendo da zero – commenta il fondatore di Agonista -. Sarà necessario cambiare approccio e mentalità, adeguarci ai cambiamenti imposti da un conflitto che potrebbe protrarsi nel tempo. La maggior parte degli sfollati è ospitata nelle scuole e nelle università pubbliche, questo significa che le attività didattiche sono sospese e dovremo affrontare un enorme problema educativo. Questo ci spaventa perché i nostri interlocutori, i nostri partner hanno di solito un buon livello di istruzione. Una comunità privata di questo diritto, come potrà favorire il futuro dell’imprenditoria sociale?”.

Una rete internazionale per guardare oltre le difficoltà

Un’opportunità è rappresentata da una rete di supporto internazionale, da qui la volontà di partecipare alla quinta edizione del Social Enterprise Open Camp a Catania, appuntamento di formazione internazionale dedicato all’imprenditoria sociale e all’impact investing, ideato e promosso da Fondazione Opes-lcef e da Consorzio Nazionale CGM, in collaborazione con Isola Catania, a cui ha preso parte anche Uli Grabenwarter, direttore degli investimenti in equity presso il Fondo Europeo d’Investimento.

«Quando nel 2007 abbiamo avviato l’impact investing avevamo l’ambizione di essere quelli che andavano dove non andava nessun altro e abbiamo raccontato a tutti di non dover affrontare compromessi – commenta Grabenwarter -. Ma la realtà è che il compromesso che dobbiamo affrontare è gigantesco: per come viviamo consumiamo quattro volte la capacità rigenerativa del pianeta e il 75% della popolazione vive al di sopra delle proprie possibilità. Come affronteremo tutto ciò? Noi cercheremo di cambiare il modo di monetizzare nella nostra società. Occorre pensare a soluzione per affrontare le sfide di oggi, ma chi se non noi si avventurerà verso posti dove non è già stato».

Fonte: Il Sole 24 Ore