Dai dossier abusivi al caso Macron: siamo tutti esposti o possiamo proteggerci?

La minaccia interna è sempre la più subdola

Poi c’è un altro scoglio: quello del dipendente infedele. A quanto pare, esistono delle talpe che passano informazioni su richieste e queste sono persone che lavorano all’interno dell’organizzazione statale e che possono accedervi lecitamente. Cederle è ovviamente reato, ma come si fa a scoprire queste operazioni? Purtroppo non è semplice: fotografare uno schermo su cui ci sono informazioni riservate quando nessuno sta guardando è fin troppo facile, ma sistemi di sorveglianza, di registrazione degli accessi, formattazione personalizzata delle informazioni e controllo delle attività tramite machine learning (o intelligenza artificiale che dir si voglia), possono aiutare a mettere dei paletti che al momento sembrano non esistere o essere insufficienti.

Come possiamo difenderci

In quei database di trovano informazioni anche dei normali cittadini? Sì, non di tutti, ma se abbiamo avuto a che fare con l’ente che viene “spiato”, i nostri dati saranno disponibili. Possiamo fare qualcosa per evitarlo? No, non è nel potere del cittadino evitare di finire in quei database perché è ovvio che i dati sulle attività debbano esser registrati da qualche parte. Quello che il cittadino può fare è evitare di esporre i propri dati inutilmente sul web, magari pensando alle conseguenze indirette che ogni nostra apparizione online può generare.

Un esempio pratico è quello che è stato recentemente definito “Stravaleak” da una inchiesta apparsa sul quotidiano francese Le Monde. Alcuni giornalisti hanno scoperto che le guardie del corpo di molti politici francesi, incluso il presidente Macron, usano un’app che registra i loro allenamenti che si chiama Strava. Quest’app ha la capacità di condividere sui social il percorso degli allenamenti, rivelando la posizione esatta di chi ha attivato l’app. Questo vuol dire che quando il personale di sicurezza del politico di turno (Macron in questo caso) si reca presso gli alberghi e le altre località in cui soggiornerà o terrà un incontro il soggetto protetto, questa posizione verrà visualizzata sui social.

Non si tratta di un problema “nuovo”. Durante la guerra in Iraq, per esempio, un’altra app simile veniva usata per rilevare la posizione delle basi militari segrete. Andando a scrutare i tracciati degli allenamenti resi disponibili online, infatti, si vedevano alcuni percorsi più o meno circolari nel bel mezzo del deserto. Si trattava dei militari che facevano jogging al mattino attorno al perimetro della base che veniva oscurata dalle immagini satellitare, ma rilevata dall’attività sportiva.

Quando usiamo servizi localizzati, quindi, ricordiamoci che non si tratta solo di rivelare la nostra posizione, cosa che potrebbe anche essere poco rilevante, ma che ci sono implicazioni che variano a seconda dei nostri ambiti personali, lavorativi e amministrativi che solo ognuno di noi può valutare. In generale: quel che non si condivide non può esser rubato, ma se proprio volete essere social (e oggi potrebbe essere una necessità), spendete qualche minuto a pensare chi altri state esponendo oltre a voi stessi.

Fonte: Il Sole 24 Ore