Auto, anno nero per l’indotto, fatturati in calo per il 55%, un terzo taglia l’occupazione

Il 2024 si conferma un anno nero per i produttori italiani del settore automotive e le previsioni sul 2025 sono tutt’altro che positivi. Per il 55% delle aziende, come raccontano i dati raccolti dall’Osservatorio che fa capo all’Anfia (Associazione delle imprese della filiera automotive) e alla Camera di commercio di Torino, l’anno in corso si porta dietro un calo del fatturato. L’elemento di maggiore criticità si conferma il mercato interno, un fattore legato perlopiù al calo dei volumi produttivi di Stellantis in Italia, con una previsione di contrazione dei ricavi per due aziende su tre e un salto tra attese positive e negative a quota -40%. In un contesto industriale difficile in Europa e, in particolare, in Germania, primo paese di esportazione per i componentisti Made in Italy, anche le attese sugli ordinativi dai mercati esteri, per il 50% delle imprese, con un saldo negativo del 30%.

Per le oltre 2mila imprese italiane della componentistica, con all’attivo 170mila addetti e quasi 60 miliardi di ricavi (fonte Anfia), si interromperà nel 2024 dunque un trend di recupero di ricavi iniziato dopo la fase del Covid, fase che ha archiviato comunque un 2023 con fatturati in crescita del 3,1%. Questa forte difficoltà che il settore sta attraversando si riflette sui livelli occupazionali, con le imprese che in un caso su tre si aspettano un calo degli addetti, e sulla propensione agli investimenti, che registra un saldo negativo del 19%. Tutti indicatori che peggiorano se si analizzano le performance delle imprese del settore in Piemonte, dove si concentra oltre il 30% delle aziende.

La previsione dell’Anfia è che i volumi produttivi del settore, tra auto e autoveicoli, cali del 30% con un allineamento, al 50%, tra auto e veicoli commerciali, un fatto quest’ultimo inedito nella storia industriale del paese storicamente caratterizzata da maggiori volumi per le autovetture rispetto alle altre tipologie di veicoli.

A pesare sul settore ci sono due fattori chiave, la contrazione dei volumi produttivi che pesa sull’Italia ma che rappresenta un trend anche europeo, e la transizione verso l’elettrico, che appare comunque in stallo, ma che rappresenta una incognita pesante per quel 30% di imprese che lavora nella produzione di componenti destinati ai motori tradizionali.ù

In soli tre anni, la quota media di ricavi derivante per le imprese italiane da Stellantis e da Iveco è passata dal 41,4 al 35%, un trend negativo emerso a partire dal 2022 e che poi si sta ulteriormente abbassando. Tutto questo nonostante i legami tra l’indotto italiano e il Gruppo Stellantis restino forti: quasi il 70% delle imprese infatti ha Stellantis e Iveco direttamente o indirettamente nel proprio portafoglio clienti, quota che sale di dieci punti se si guarda all’indotto piemontese. In parallelo, cala la percentuale di imprese che dall’universo Stellantis-Iveco hanno ricavato oltre il 50% dei ricavi, dal 39 al 31% in Italia, dal 50 al 40% in Piemonte.

Fonte: Il Sole 24 Ore