Multa Ue da quasi mezzo miliardo di euro al colosso farmaceutico Teva

La Commissione europea ha multato il colosso farmaceutico Teva per 462,6 milioni di euro. L’accusa è di aver ostacolato la concorrenza al suo farmaco di punta per il trattamento della sclerosi multipla, Copaxone, abusando del sistema di brevetti e delegittimando il prodotto della rivale Synthon per ritardarne il lancio sul mercato. Come spiega l’esecutivo Ue in un comunicato, Teva avrebbe «esteso artificialmente la protezione brevettuale di Copaxone» e «sistematicamente diffuso informazioni fuorvianti su un prodotto concorrente per ostacolarne l’ingresso e la diffusione sul mercato». È la prima volta che la Commissione infligge un’ammenda in relazione a questi due tipi di pratiche.

Si tratta di un abuso della posizione dominante dell’azienda, che deteneva il brevetto di base sul principio attivo farmaceutico (glatiramer acetato) fino al 2015. La Commissione ha rilevato comportamenti anticompetitivi in Italia per una durata di quasi sette anni, nei quali Teva avrebbe di fatto scongiurato un abbassamento dei prezzi. Interessati anche i mercati di Belgio, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca e Spagna.

La decisione di multare Teva «riafferma l’impegno della Commissione nell’applicazione della concorrenza nel settore farmaceutico», dichiara Margrethe Vestager, commissaria uscente alla concorrenza. «Con la decisione odierna, la Commissione contribuisce a mantenere i farmaci a prezzi accessibili, a preservare la scelta terapeutica e a promuovere l’innovazione, a vantaggio dei pazienti dell’Ue e dei sistemi sanitari nazionali».

Il caso si è aperto nell’ottobre del 2019, quando le autorità hanno condotto un’ispezione senza preavviso nelle sedi di diverse filiali di Teva. La Commissione ha poi avviato un procedimento nel marzo del 2021 nei confronti dell’azienda. La decisione è basata anche su documenti dei legali interni di Teva che hanno messo in piedi la strategia per proteggere la redditività del Copaxone, spiega l’esecutivo Ue, aggiungendo che l’ammenda tiene conto della gravità e del lasso temporale dell’illecito.

Fonte: Il Sole 24 Ore