Minerali critici: Iren apre un impianto per emancipare l’Italia dall’estero

Un terzo del Pil, ovvero 690 miliardi di euro. È questo il peso enorme delle materie prime critiche sulla produzione industriale italiana, che è così sempre più dipendente dall’estero (+51% negli ultimi cinque anni) per operare in segmenti chiave come l’energia, le rinnovabili, l’aerospazio, l’elettronica e l’automotive. È partendo da questo dato monstre che Iren, dopo avere costituito negli scorsi mesi l’hub sull’economia circolare Rigenerare, ha deciso di fare da pioniere in questo settore, dove punta a giocare un ruolo da leader. Per questo, a dicembre, inaugurerà in Toscana il primo impianto italiano con tecnologia idrometallurgica per il recupero di materie prime critiche – trattasi, in generale, di terre rare, ma anche di niobio, cobalto, silicio, grafite, manganese, molibdeno, gallio e nichel, solo per citarne alcune – partendo dai cosiddetti Raee, acronimo di Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche.

Intanto, in collaborazione con Teha Group, la multiutility ha realizzato uno studio che disegna la strada da percorrere per invertire rotta. Ovvero: mettere a terra 1,2 miliardi di investimenti tra sistemi di raccolta, asset di trattamento e creazione di un mercato, per ridurre di circa un terzo la dipendenza italiana dall’estero, in particolare dalla Cina, e al tempo stesso valorizzare quasi 6 miliardi di euro di materie prime seconde (ovvero le materie prime critiche estratte dai Raee) al 2040.

Ma non si tratta solo di numeri. «Tutto ciò richiede anche e soprattutto uno sforzo di sistema, in cui Confindustria può giocare un ruolo pivotale – sottolinea il presidente di Iren, Luca Dal Fabbro –. Serve un’alleanza forte tra industria e multiutility, che devono lavorare di più insieme rispetto al passato e in questo contesto il Piano Mattei può giocare sicuramente un ruolo importante». Aprire una miniera, prosegue, richiede diverso tempo: risulta invece più veloce, anche in un’ottica di economia circolare, recuperare le materie prime critiche dai nostri rifiuti elettrici ed elettronici. «Per farlo però bisogna stringere alleanze sul territorio e creare un mercato di commercializzazione: entrambi oggi non ci sono», aggiunge Dal Fabbro. Un tema che si pone per l’Italia, seconda solo alla Germania per il peso in termini assoluti delle materie prime critiche sul Pil, ma anche per il Vecchio Continente che ne importa il 56% dalla Cina.

Il nostro Paese sconta inefficienze croniche, visto che a luglio la Commissione Ue ha aperto una procedura d’infrazione per i nostri tassi di raccolta Raee troppo bassi (30% con dinamica decrescente contro un target del 65%). Di qui la decisione, da parte di Iren, di costruire e inaugurare il prossimo mese un impianto vicino Arezzo, dove c’è un fortissimo polo metallurgico e dell’oro, che permetterà di estrarre, selezionare e recuperare metalli preziosi e materie prime critiche presenti all’interno di schede elettriche Raee.

Dallo stabilimento usciranno ogni anno oltre 200 chili di oro e argento da destinare al territorio, ma anche rame e palladio, grazie a una tecnologia unica in Europa e a bassissime emissioni di anidride carbonica. «Un progetto realizzato in sintonia con la politica del Governo atta a ridurre la dipendenza del Paese dall’estero per questo tipo di materie – fa notare Dal Fabbro – e che farà da apripista, per Iren e per il mercato. In funzione delle rese e dell’evoluzione dello scenario, decideremo se realizzarne altri. A livello Paese ne servirebbero 8-10 per spezzare la dipendenza dall’estero, ma non si tratta ovviamente di un’operazione che possiamo realizzare da soli». Ciò a fronte di un piano industriale della multiutility che su 8,2 miliardi di investimenti complessivi al 2030 ne dedicherà 1,3 all’economia circolare.

Fonte: Il Sole 24 Ore