Pensioni, minime e uscite giovani nel puzzle dei ritocchi alla manovra
Spazi a dir poco stretti e vincoli di finanza pubblica resi ancora più rigidi dalla riforma del Patto di stabilità Ue: apportare ritocchi alla manovra durante la sua navigazione parlamentare non sarà facile. Soprattutto al capitolo pensioni, che appare blindato , o quasi. E i deputati della maggioranza, chiamati quest’anno a esaminare per primi la legge di bilancio, lo sanno bene. Ma è già in corso il lavoro sotterraneo per aprire qualche varco. E tra i correttivi in attesa ci sono anche quelli sugli assegni “minimi” e sulle facilitazioni ai giovani “contributivi” per rendere più agevole l’accesso al pensionamento anticipato con 64 anni d’età e 20 di versamenti.
Obiettivo «minime» a 620-630 euro
Nel primo caso, è in atto il pressing per rendere più robusto l’aumento del trattamento, che nel confronto con quello erogato quest’anno (con una rivalutazione complessiva più alta di quella per il 2024 anche a causa di un’inflazione più elevata) sarebbe destinato salire di poco più di 3 euro al mese: da 614,77 e 617,89, se “l’indicizzazione” del 2025 sarà dell’1% e per effetto comunque di una perequazione del 2,2% anziché del 2,7%. L’obiettivo di quasi tutte le forze di maggioranza sarebbe di salire almeno a 620 euro e, nella migliore delle ipotesi, a 630. Ma non sarà semplice riuscire a far passare un ritocco in questa direzione perché sarebbe necessario rendere molto più robusta la dote per rendere più pesante l’assegno dei circa 1,8 milioni di pensionati interessati. Una dote attualmente fissata in 290 milioni per il 2025 e altri 175 milioni l’anno successivo (era di 465 milioni nel 2023 ed è di circa 350 milioni nel 2024).
L’ostacolo dei vincoli di finanza pubblica
Non a caso il leader di Fi, e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha sempre inserito l’aumento delle pensioni basse tra le priorità del suo partito, nei giorni scorsi ha affermato: «come Forza Italia vorremmo aumentare le pensioni minime, ma bisogna rispettare il patto di stabilità che abbiamo dilazionato in sette anni». In altre parole, Fi punta a un ulteriore ritocco ma è consapevole che l’attuale, ristretto perimetro di finanza pubblica è praticamente invalicabile. In pressing però ci sono pure i sindacati, che hanno già messo la manovra nel mirino. «Durante l’iter parlamentare noi eserciteremo una forte pressione sul governo per costruire le condizioni perché le pensioni minime vengano aumentate», ha detto il leader della Cisl, Luigi Sbarra.
L’uso dell’integrativa per i lavoratori interamente contributivi
La Lega spinge invece soprattutto per inserire in corsa nella manovra quel “ponte” tra previdenza obbligatoria e integrativa per gli accessi pensionamento anticipato con 64 anni e 20 di contribuzione dei giovani interamente contributivi che è saltato nelle battute finali della stesura del testo approdato a Montecitorio (così come il nuovo “silenzio-assenso” per il Tfr). Per utilizzare questo canale d’uscita i lavoratori che hanno cominciato l’attività dopo il 31 dicembre 1995 devono essere in grado di raggiungere un importo del trattamento pari ad almeno tre volte l’assegno sociale. In molti nel governo erano d’accordo nel dare la possibilità ai lavoratori interessati di utilizzare l’eventuale rendita delle previdenza complementare per arrivare a questa soglia. Ma, alla fine, questo meccanismo è stato previsto solo per il raggiungimento del limite di una volta l’assegno sociale fissato per l’accesso alla pensione dei “contributivi puri” con 67 anni d’età e 20 di versamenti.
Fonte: Il Sole 24 Ore