Il racconto di Marco Polo è mondo e letteratura
Si avviano alle conclusioni le celebrazioni per il centenario di Marco Polo. Grandi mostre, libri, costumi di scena e no, convegni; adesso, a Roma, l’Accademia dei Lincei ha appena inaugurato l’esposizione Marco Polo 1324-2024. La via dell’Oriente e… dell’America (fino al 26 gennaio 2025): tra mappe dettagliate dei viaggi di Marco, immagini delle città e dei luoghi trattati dal Milione, manoscritti miniati e annotati (sotto, quello con quelle di mano di Cristoforo Colombo) e incunaboli, spezzoni di film: e, a ogni tema o parola ecco un’iconografia significativa e preziosi manufatti rappresentativi di quanto narrato. Tutto molto bello, direbbe qualcuno. Eppure, se dovessi dire quale trattazione, e quale chiave di lettura, mi ha convinto di più in questo bailamme, punterei su un piccolo libro, che va all’essenza di ciò che il viaggiatore ha fatto, significa tuttoggi e pone in evidenza. Parlo di un libretto aureo, davvero molto riuscito, di Gian Luca Favetto, Marco Polo o l’invenzione del mondo. Un’idea di letteratura (Interlinea, pagg. 94, € 14). Non solo per il racconto, succinto ma appassionato, dentro la narrazione di Marco a Rustichello, individuando realtà, leggende e miti, varcando la soglia della credulità, che Marco Polo stesso rimarca (sa di narrare cose troppo meravigliose per gli uomini dei suoi tempi), ma per un finale, concentratissimo, poetico e denso di cose. Poi un ritorno, vero, a cercare l’ombra di Marco, nella Venezia odierna. E Marco non c’è: ma c’è il suo libro, ciò che davvero ha lasciato. L’essenziale. La letteratura. «Finisce il viaggio, non il viaggiatore – che è sempre un ritorno a casa, insegna Marco. Il viaggiatore è un ritorno a casa, e a casa prosegue attraverso il racconto. Attraverso il racconto si riprende a viaggiare. Ogni volta. E ogni volta. E ogni volta ancora». «Come la letteratura è un’idea di mondo, il mondo è un’idea di letteratura, penso», chiude Favetto, anche in colophon. E così sia.
Fonte: Il Sole 24 Ore