L’America al voto sceglie il futuro. Filo spinato attorno alla Casa Bianca
Ma ecco, in Michigan, anche Wayne County, con Detroit e Dearborn, al 38% black e dove vive la più vasta comunità araba degli Usa: 100mila residenti scossi dalla guerra a Gaza. E più ancora Kent, con Grand Rapids dove Trump, seguendo la tradizione, ha voluto organizzare la chiusura della propria campagna: antica roccaforte conservatrice, fu tra le tre contee dello Stato a cambiare colore politico quattro anni or sono, passando da Trump a Biden. E poi, nel vicino Wisconsin, la contea di Dane, con la città universitaria di Madison corteggiata da Harris. E Milwaukee con le sue tre contee limitrofe, le Wow counties, sulle quali conta Trump.
«I due candidati hanno bombardato i cittadini della Pennsylvania con manifesti per le strade, e-mail, video sui social media, spot televisivi. Qui sembra che la gente sia divisa in gruppi che non si parlano», dice Kyle Rorhbaugh, studente universitario che vive vicino a Norristown, contea di Montgomery, e si appresta a votare per la prima volta. «Vado all’università a Pittsburgh, città liberal, ma – aggiunge Rorhbaugh – una volta usciti dal centro urbano ci sono manifesti di Trump ovunque guardi, qui tutti sanno che la sfida elettorale è serratissima».
Due Americhe, lo scontro negli ultimi comizi
I messaggi delle due campagne, nello sprint finale, sono diventati sempre più polarizzati. «Non mi dispiacerebbe se qualcuno sparasse ai giornalisti», ha detto Trump ribadendo il suo odio per i media «che diffondono solo fake news». Il leader della destra populista ha anche affermato che non avrebbe mai dovuto «lasciare la Casa Bianca» dopo la sconfitta del 2020. Il popolo repubblicano grida Make America Great Again, e Trump scalda i suoi sostenitori facendo leva sulla paura del crimine e degli immigrati, sul malessere sociale, aggravato da anni di inflazione, e sull’impopolarità del presidente democratico uscente Biden. Ieri Trump ha proposto nuovi dazi anti-clandestini: il 25% contro il Messico.
Harris ha risposto intensificando le critiche a Trump. «È un pericolo per la democrazia, non ha i requisiti per guidare il Paese», insiste. E promette, se eletta, di essere «la presidente di tutti gli americani», di «voltare pagina per superare le spaccature»: appelli che hanno convinto anche alcuni repubblicani moderati ed esponenti conservatori.
Ma l’America e i suoi elettori sono divisi: per reddito e livello di istruzione, per genere e comunità di origine. Harris ha cercato di tenere tra le minoranze e soprattutto di mobilitare le donne – la maggioranza di chi voterà – preoccupate per le drastiche restrizioni all’aborto volute dai repubblicani. Trump ha puntato sugli elettori uomini, bianchi e provenienti dai ceti popolari e dalle zone rurali. Ha però anche fatto di tutto (e i sondaggi dicono con un certo successo) per guadagnare spazio tra giovani, ispanici e afroamericani sensibili al suo carisma. Né queste lacerazioni si rispecchiano solo nel voto per la Casa Bianca. Gli americani decideranno oggi anche la maggioranza al Congresso, quindi quale capacità avrà il nuovo presidente di far approvare leggi e stabilire le priorità per il Paese. I repubblicani partono favoriti: una loro riconquista del Senato emerge in 91 scenari sui cento simulati dal sito specializzato 538. Meno chiara la situazione alla Camera, dove vincono i democratici in 51 casi su cento.
Fonte: Il Sole 24 Ore