Iva, a rischio la territorialità delle operazioni intracomunitarie
Mentre il legislatore è alle prese con la legge delega 111/2023 in materia di Iva per renderla più aderenti ai principi dell’Ue, si prospetta un ulteriore scostamento tra l’interpretazione di stabile organizzazione dall’agenzia delle Entrate, da un lato, e quella proposta dalla Corte di giustizia e dal Comitato Iva. Il rischio, seguendo l’attuale interpretazione della prassi nazionale, è quello di dover assoggettare a Iva in Italia tutte le operazioni intracomunitarie nelle quali si ravvisi l’intervento di una stabile organizzazione del cedente. Con la risposta a interpello n. 956-1164/2024, non pubblicata, l’Agenzia delle Entrate, pur riconoscendo l’assenza d’intervento della stabile organizzazione (quindi, l’irrilevanza ai fini Iva), precisa, per la seconda volta (si veda Il Sole 24 Ore del 18 gennaio 2023), che, laddove intervenga in una cessione intracomunitaria di beni, la stabile organizzazione risulta debitrice d’imposta (articolo 192 bis della Direttiva 2006/112/CE), con il conseguente obbligo di applicare l’Iva sulla successiva cessione nazionale. In sostanza, l’Agenzia qualifica tale operazione quale spostamento di beni a sé stessi, non considerando il verificarsi di una cessione (intracomunitaria) di beni giuridicamente pronti per la consegna al cliente nello Stato membro di destinazione sin dal momento in cui gli stessi lasciano lo Stato membro di partenza, con buona pace della Corte Ue sulla distinzione tra cessione intracomunitaria e spostamento di beni a sé stessi (causa C-446/13 Fonderie 2A).
Nel caso oggetto di analisi, oltre alle argomentazioni nella Risposta n. 57/2023, le Entrate rinforzano la posizione osservando che «tale conclusione è avvalorata dal parere reso dai servizi giuridici della Commissione europea (n.d.r. con il Woking Paper n. 857/2015), secondo cui la questione se l’articolo 192 bis della Direttiva Iva si applichi solo alle forniture nazionali o anche a quelle intracomunitarie è priva di rilevanza». In tal senso, l’Agenzia lascia intendere che, come può certamente essere per le cessioni nazionali, la stabile organizzazione, in presenza del suo intervento, possa qualificarsi quale debitrice d’imposta anche per le operazioni intracomunitarie. A ben vedere, per interpretare correttamente la risposta del Comitato Iva sopra richiamata, occorre analizzare prima il contesto nel quale la domanda – posta proprio dal Governo italiano – viene presentata e, successivamente, la domanda alla quale il Comitato Iva risponde. Innanzitutto, la questione segue quella posta, sempre dal Governo italiano, in merito alla possibilità di applicare il concetto di stabile organizzazione alla territorialità delle cessioni di beni, ove il Comitato Iva aveva già chiarito che, diversamente dalle prestazioni di servizi, la territorialità delle cessioni di beni non debba essere determinata avendo riguardo ai soggetti coinvolti nell’operazione ma solamente in base al territorio di partenza e di arrivo dei beni stessi (cfr. Working Paper n. 791/2014). In secondo luogo, il Comitato Iva– asserendo che «la questione che l’articolo 192 bis della Direttiva Iva si applichi solo alle forniture nazionali o anche a quelle intracomunitarie è priva di rilevanza» precisa, ancora una volta, che le norme richiamate sono assolutamente inutili per determinare la rilevanza territoriale di un’operazione, sia una prestazione di servizi, per individuare la quale si applicherebbero gli articolo 43 e seguenti della Direttiva 2006/112/CE, – interpretati alla luce dell’art. 11 del Regolamento (UE) 282/2011 con riferimento alla nozione di stabile organizzazione – ovvero una cessione di beni, per individuare la quale si applicherebbero gli articoli 31 e seguenti della Direttiva 2006/112/CE, senza alcun impatto da parte della nozione di stabile organizzazione. E diversamente non potrebbe essere anche considerato che, nel medesimo contesto richiamato dall’Agenzia, il Comitato Iva precisa che «in una semplice cessione domestica (leggasi, al fine di individuare la territorialità di una cessione domestica), non sarebbe possibile, né sarebbe necessario, applicare tali norme». Il che appare decisamente condivisibile.
Fonte: Il Sole 24 Ore