Le imprese di Roma guardano ai mercati esteri, ma chiedono sostegno istituzionale

Le piccole e medie imprese della provincia di Roma guardano sempre di più ai mercati esteri, ma chiedono anche un sostegno alle istituzioni (dalla Regione alla Camera di Commercio) affinché diano un aiuto attraverso corsi di formazione, incentivi alla partecipazioni a fiere all’estero e incontri con operatori stranieri interessati a vendere i prodotti del made in Italy. Questo è il risultato di una indagine realizzata da SWG per la CNA di Roma (associazione di artigiani e piccole e medie imprese) su 334 aziende del territorio, di cui 62 che già operano sui mercati internazionali.

Le imprese che già operano all’estero

Secondo la ricerca, per il 45% delle imprese che sono già all’estero, i ricavi fatti fuori l’Italia valgono oltre l’80%. I principali mercati di riferimento sono quelli europei, a cui si rivolge il 57% delle imprese, subito seguiti da quelli statunitensi (25%) e asiatici (14%). L’84% delle imprese romane è presente all’estero da almeno 3 anni, e il 57% di queste gestisce tutta l’attività dalla propria sede italiana, senza appoggiarsi a network commerciali internazionali o piattaforme di e-commerce. Solo l’8% ha una sede all’estero.

Alla ricerca di nuovi sbocchi

Le aziende che già hanno intrapreso un percorso di internazionalizzazione ritengono che tale scelta gli consenta principalmente di trovare nuovi mercati per i propri prodotti (vantaggio indicato dal 67% delle imprese), aumentare i ricavi (54%) e trovare nuovi partner commerciali (46%). Quelle che invece si focalizzano ancora prioritariamente sul contesto locale credono che internazionalizzare significhi aumentare i ricavi (47%), trovare nuovi mercati (45%), e individuare fornitori più convenienti (29%).

Chi non è ancora all’estero

Al netto delle esperienze passate, quasi 4 imprese su 10 tra quelle intervistate che non sono internazionalizzate mostrano interesse per ripensare alla propria realtà in un’ottica che superi i confini nazionali (la considerano una priorità o comunque un aspetto importante). Anche se resta quasi un terzo delle aziende che la considera una questione di nessun interesse. Per le aziende non ancora internazionalizzate l’apertura all’estero servirebbe nella maggior parte dei casi (47%), come detto, per aumentare i ricavi, mentre le realtà che sono già all’estero puntano soprattutto (67%) sulla ricerca di nuovi mercati. Il 29% punta a cercare nuovi fornitori (una priorità per solo il 13% di chi ha già però una attività estera).

Il ruolo delle istituzioni

Sul come fare per crescere dal punto di vista internazionale le differenze di opinione tra chi ha una esperienza alle spalle e chi no, sono nette. Le prime punterebbero soprattutto (33%) sul sostegno delle organizzazioni pubbliche specializzate in internazionalizzazione (o sulla consulenza di manager con questo tipo di esperienza), le seconde si rivolgerebbero innanzitutto alle proprie organizzazioni di categoria (36%). Il 51% delle aziende già internazionalizzate hanno un giudizio buono o molto buono sul sostegno all’internazionalizzazione della Camera di commercio, seguita da Regione Lazio (44%) e Agenzie ministeriali (34%). Anche per le aziende non ancora internazionalizzate il giudizio più positivo (sempre 51%) è per la camera di commercio, seguita da Agenzie ministeriali (37%) e Regione Lazio (33%).

Fonte: Il Sole 24 Ore