Lusso in difficoltà: 50 milioni di clienti persi e volumi in calo del -25% in due anni

Cinquanta milioni di consumatori persi e un calo della produzione in volume che oscilla tra il 20 e il 25 per cento rispetto a due anni fa. Che il 2024 fosse stato – sia, visto che è ancora in corso – uno degli anni più duri e complessi per l’industria del lusso nel suo complesso si era capito già dall’andamento dei grandi gruppi come Lvmh, Kering e Richemont i cui fatturati si sono registrati in calo.

Un calo che, nonostante ci siano anche grosse differenze nelle perfomance delle aziende, si riflette nei numeri del fatturato del settore: secondo il Worldwide Luxury Market Monitor Altagamma-Bain, presentato durante l’Osservatorio Altagamma 2024, il lusso nel suo complesso a fine 2024 toccherà i 1.478 miliardi di euro, in calo del 2% a cambi correnti sul 2023, grazie al traino delle esperienze, e i beni personali di lusso si attesteranno a 363 miliardi di euro, contro i 369 del 2023, sempre in calo del 2 per cento.

Il Monitor, tuttavia, va oltre i dati di fatturato per per stringere il focus su due elementi chiave: la base dei consumatori, che si è ristretta sotto il peso delle incertezze economiche e geopolitiche ma anche dell’aumento dei prezzi non sempre “giustificato” ai loro occhi; la fragilità della supply chain che è in gran parte localizzata nel nostro Paese e, soprattutto in alcuni ambiti come calzature e pelletteria, entrambi in calo, sta soffrendo moltissimo. «Siamo di fronte al primo rallentamento del settore in 15 anni, al netto del Covid. La performance 2025 dipenderà molto anche dai brand: devono rafforzare gli entry item per rispondere mercato che esiste, ma è stato alienato», ha detto Claudia D’Arpizio, senior partner Bain&Co e autrice dello studio insieme a Federica Levato. Il tema dei prezzi, che secondo Bain-Altagamma sono cresciuti del 20% tra il 2021 e il 2023, emerge su più fronti: nel calo degli acquisti da parte della Gen Z, che ha meno disponibilità economiche; nel successo dei canali di vendita off price come gli outlet o di formule come il second hand che abbinano al costo minore anche un approccio sostenibile allo shopping; il successo di categorie come il beauty e l’occhialeria «senza le quali il calo dei volumi di produzione sarebbe ancora più marcato», spiega Levato, senior partner di Bain. Nonostane sei/sette milioni di very import client realizzino acquisti pari al 45% del totale delle vendite, per le analiste l’apertura a una clientela più eterogenea è fondamentale in uno scenario in cui, entro i prossimi cinque anni, il mondo avrà 300 milioni di nuovi esponenti della classe media, di cui 150 milioni in Cina. L’industria, dal canto suo, è in fase di riflessione: «Se parliamo di prezzi vuol dire che non siamo riusciti a far innamorare le persone dei nostri prodotti – spiega Andrea Guerra, da due anni ceo del Gruppo Prada, uno dei pochi che quest’anno sta crescendo -; se il nostro consumatore si sente tradito perché crede che il valore del prodotto non rispecchi il prezzo, penso che sia il fallimento del nostro lavoro. Certo, negli ultimi sette o otto anni sono stati fatti degli errori nel settore: si è fatto uno shift dei prezzi verso l’alto perché è stato facile alzarli con facilità. Però non credo che si risolva tutto abbassando i prezzi o portando sul mercato prodotti a prezzi più bassi, ma aumentando la credibilità».

Riportare al centro i consumatori e le loro esigenze, ma anche i prodotti e il savoir faire che li distingue sono elementi strategici chiave per un settore che nel 2025 dovrebbe tornare a una tiepida crescita. Secondo l’Altagamma Consensus nel 2025 si registrerà una «crescita moderata del mercato – ha spiegato Stefania Lazzaroni, direttore generale di Fondazione Altagamma -, pari a circa il 3%, con il Medio Oriente che registrerà un +5%, gli Stati Uniti, dove ci aspettiamo riprendano gli acquisti, a +3,5%, e l’Europa a +2% trainata dalla spesa dei turisti, tra cui gli americani che rimangono un pilastro della spesa di lusso. L’ago della bilancia saranno Asia e Cina, dove ci aspettiamo una crescita del 3 per cento». Stando all’indagine, che “incrocia” pareri di aziende partner di Altagamma e di analisti, le categorie che registreranno le performance migliori sono la cosmesi (+6%) e gioielleria (+4,5%), mentre calzature e orologi saranno le categorie più sofferenti (+1%)». In leggero aumento anche l’Ebitda delle aziende del settore: dovrebbe crescere del 3%, anche grazie alla maggiore efficienza e alla razionalizzazione dei costi.

«Dopo un 2024 difficile, che chiuderà in calo, ci aspettiamo un 2025 di moderata ripresa sia per i ricavi sia per la marginalità – ha commentato Matteo Lunelli, presidente di Fondazione Altagamma -. Siamo di fronte a fortissime incertezze dello scenario economico e geopolitico con una serie di nubi che permangono: le guerre, l’inflazione, la Cina che stenta a riprendersi, le elezioni americane con un potenziale cambio nella politica economica e nelle relazioni internazionali con gli aumenti dei dazi di importazione che potrebbero riflettersi non solo sulle esportazioni italiane negli Stati Uniti ma anche sul rapporto tra Italia e Cina . Serve un forte impegno diplomatico del nostro governo e un’azione corale del governo europeo per proteggere i produttori e le imprese. europee». Lunelli ha anche illustrato alcune richieste fatte da Altagamma al governo Meloni: la riduzione al 30% del credito d’imposta ricerca e sviluppo richiesto alle aziende dopo il cambio di interpretazione normativa e una dilazione su 10 anni; incentivi alle aziende che creano delle Academy interne per la formazione di personale altamente qualificato; incentivi per le assunzioni di under 30 in azienda.

Fonte: Il Sole 24 Ore