Regionali Umbria ed Emilia, qual è la posta in gioco per i leader nazionali

«I pronostici possono essere stravolti, alle politiche sappiamo com’è andata». La premier Giorgia Meloni fa mostra di credere in uno storico ribaltone nella “rossa” Emilia Romagna, ma non è un caso che la kermesse di chiusura della campagna elettorale dei leader del centrodestra a Bologna a sostegno della candidata civica Elena Ugolini si sia tenuta vari giorni prima dell’apertura delle urne regionali, addirittura lunedì, e non è un caso che la stessa Meloni alla fine si sia videocollegata evitando accuratamente la foto sul palco, ossia la foto della sconfitta. Perché che a vincere in Emilia Romagna sarà il democratico Michele De Pascale ci sono pochi dubbi, mentre a Largo del Nazareno e non solo sarà monitorato con attenzione il dato dell’astensione: sarà soprattutto questo il termometro dell’umore dei cittadini emiliani e romagnoli alle prese con i danni dell’alluvione e con la crescita del fenomeno migratorio.

Occhi puntati sull’Umbria, dove si annuncia un testa a testa

Gli occhi e gli animi dei leader sono di conseguenza tutti puntati sull’Umbria. Governata non brillantemente, almeno stando ai sondaggi dei mesi scorsi, dalla governatrice della Lega Donatella Tesei, la regione appare in bilico al punto che nessun sondaggista si sbilancia alla vigilia sull’esito. D’altra parte la divisione quasi a metà degli umbri tra centrodestra e centrosinistra era già stata fotografata alle ultime elezioni europee di giugno: 47,8% contro 46,5%. A differenza di quanto accaduto meno di un mese fa in Liguria, dove il veto del leader del M5s Giuseppe Conte sui renziani di Italia Viva ha contribuito alla sconfitta del dem Andrea Orlando visto lo stretto margine con cui ha vinto Marco Bucci, in Umbria il cosiddetto campo largo si presenta al completo a sostegno della sindaca di Assisi Stefania Proietti. Anche se Italia Viva per stemperare il clima ha deciso di presentarsi con alcuni candidati nelle liste civiche, senza mettere in campo il simbolo del partito. Ma il centrodestra, oltre a presentarsi compatto come al solito, ha imbarcato nell’alleanza a sostegno di Tesei anche il pittoresco sindaco di Terni Stefano Bandecchi con sua Alternativa popolare: sulla carta, un vantaggio in più.

Test speculare per Meloni e Schlein, ma è la segretaria dem a rischiare di più

La doppia partita di domenica e lunedì è un test di assoluto rilievo per entrambi gli schieramenti e soprattutto per le due donne antagoniste a livello nazionale, la premier e la segretaria del maggior partito di opposizione. Ma è soprattutto Elly Schlein a rischiare di più. Vincere in Umbria significherebbe infatti per il governo ribaltare i peggiori auspici dei mesi scorsi, quando il Pd sperava in un “cappotto” 3-0 alle regionali (Liguria, Emilia Romagna e appunto Umbria). Dopo il successo anche personale dell’ex sindaco di Genova Bucci, la cui candidatura è stata un innegabile successo politico di Meloni, i partiti di maggioranza ora intravvedono un 2-1: tutta un’altra storia.

La vera forza di Meloni resta la mancanza di un’alternativa credibile

Anche nel caso in cui prevalesse il centrosinistra la sconfitta in Umbria dopo l’insperata vittoria in Liguria non sarebbe un grande problema per la premier, che dopo più di due anni di governo gode ancora di una discreta popolarità e vede il suo partito Fratelli d’Italia sempre vicino al 30%. Inoltre una vittoria del centrosinistra nella regione sarebbe lontana dal suonare la sveglia per l’alternativa di governo, visto che la costruenda coalizione di centrosinistra resta preda dei veti incrociati e delle divisioni programmatiche. E un’alternativa credibile che ancora non c’è è la migliore garanzia di lunga vita per il governo. Per Meloni, insomma, il test in Umbria servirà soprattutto da termometro dell’umore popolare su alcuni temi a lei cari, dall’immigrazione alle riforme in campo, e a testare i rapporti di forza tra gli alleati.

Schlein nel mirino della minoranza dem in caso di sconfitta

Speculare la prova di Schlein: una vittoria in Umbria servirebbe soprattutto a tacitare le critiche interne e le accuse della minoranza di essere troppo accondiscendente nei confronti di Conte e dei 5 Stelle, ma non risolverebbe il problema della solidità e della credibilità della coalizione che dovrà sfidare la destra alle prossime elezioni politiche. Sia in caso di vittoria sia in caso di sconfitta, è molto probabile che il Pd constaterà ancora una volta di essere in discreta salute ma al centro di due cantieri aperti: quello dei centristi di Azione e Italia Viva in perenne lite tra di loro e quello di un M5s che a fine mese concluderà con l’assemblea costituente il percorso ri-fondativo che dovrebbe liberarlo dalla tutela di Beppe Grillo, a che prezzo ancora non è chiaro.

Fonte: Il Sole 24 Ore