Siccità, in Sardegna a rischio la prossima stagione irrigua agricola
Crisi idrica: dopo l’allarme siccità per i territori di Baronia, Medio Campidano e Chilivani-Ozieri, l’allarme è arrivato anche nel Nord Ovest di una regione che, grazie alle infrastrutture idrauliche, aveva finora saputo rispondere meglio di altre alla prolungata assenza di significative piogge, nonostante la forte pressione antropica, dovuta al turismo. Il sassarese Consorzio di bonifica della Nurra, d’intesa con le organizzazioni professionali di settore, ha deciso di informare gli agricoltori, affinché nessuno si impegni con investimenti importanti nelle campagne in assenza di garanzia dell’acqua.
«A rischiare di essere pregiudicato è il futuro del settore primario sardo, un asset fondamentale per l’economia dell’isola», commenta Francesco Vincenzi, presidente di Anbi (Associazione nazionale dei Consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue): «Quanto sta accadendo è l’esempio di come anche le regioni più attente siano in ritardo rispetto alla velocità della crisi climatica».
Le dighe interessate
La situazione preoccupa molto, perché i bacini multifunzionali Temo e Cuga non solo trattengono rispettivamente il 17% ed il 31% della capacità ma, a causa dei lavori in corso sugli acquedotti Coghinas 1 e Coghinas 2 (a servizio, tra l’altro, di città come Sassari ed Alghero), devono dirottare l’acqua destinata all’irrigazione verso il potabilizzatore di Truncu Reale: la regione Sardegna ha chiuso la diga e questo significa che non si potrà programmare la stagione irrigua 2025. Attualmente i due invasi e quello di Bidighinzu trattengono complessivamente meno di 21 milioni di metri cubi d’acqua su una capacità potenziale di quasi 109.
«In pericolo ci sono centinaia di aziende agricole», spiega Gavino Zirattu, presidente di Anbi Sardegna: «Se anche dovesse piovere, le condotte non potrebbero garantire contestualmente l’approvvigionamento del potabilizzatore e dei campi perché, a causa dei lavori, in questo momento sono le stesse».
Il depuratore di Sassari
Sullo sfondo c’è l’irrisolta questione dell’uso delle acque reflue dal moderno depuratore di Sassari: i lavori sono conclusi dal 2015, ma manca ancora un piano di gestione, che garantirebbe l’utilizzo di almeno 500 litri al secondo. «Siamo nell’incertezza più totale perché la partita, pur in dirittura d’arrivo, viene presa in considerazione solo di fronte all’emergenza, come accaduto nella scorsa stagione irrigua; alle prime piogge, però, l’argomento viene accantonato», aggiunge Zirattu.
Fonte: Il Sole 24 Ore