Decide il Garante la sorte dell’indagine patrimoniale sul fidanzato
Può il giudice del divorzio disporre un accertamento patrimoniale a 360 gradi sul terzo estraneo al procedimento, ordinando ad enti e agenzie pubbliche e a istituti bancari la consegna di documenti ad altissima sensibilità – peraltro senza alcuna possibilità di difesa e/o contraddittorio per l’ignaro malcapitato?
La vicenda
Il ricorso presentato in via d’urgenza da un noto giornalista televisivo al Garante dei dati personali svela quanto accaduto poche settimane fa al Tribunale di Como, dove la giudice Nicoletta Sommazzi ha deciso di dirimere le questioni economiche sul mantenimento dei figli degli ex-coniugi acquisendo il “portafogli” del nuovo fidanzato della giovane madre. Iniziativa adottata senza alcuna comunicazione al “terzo” processuale, che del resto non ha alcun titolo per stare nel processo e che, soprattutto, non ha alcun vincolo giuridico con la divorzianda, ma un mero «legame affettivo sentimentale».
Il ricorso al Garante
L’ordine della giudice, per la amarissima sorpresa del “terzo incomodo” – che si è rivolto al Garante privacy e ha diffidato gli enti a non ottemperare all’ordinanza – è davvero pervasivo, come si legge negli atti di causa: «Situazione lavorativa, estratto contributivo, eventuali indennità, provvidenze o rendite di qualsiasi tipo percepite, la dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni, estratti conto bancari del triennio, nonchè ogni altra informazione utile sul patrimonio mobiliare e immobiliare, e la situazione economica dello stesso ottenibile mediante l’applicazione Serpico e l’accesso alle banche dati comprese nell’Anagrafe tributaria, ivi incluso l’archivio dei rapporti finanziari».
Secondo il difensore del giornalista, Alessandro d’Arminio Monforte, gli accertamenti disposti dal giudice sono incompatibili con le regole della privacy sia sotto il profilo della liceità, della invasività e comunque sotto quello della proporzionalità e della minimizzazione del dato da violare. Ma soprattutto, sottolinea il legale, il “terzo” non ha titolo giuridico per stare nel processo e neppure alcun interesse a entrarvi, e in ogni caso nulla gli è stato comunicato nè notificato al riguardo – la circostanza sarebbe stata appresa incidentalmente durante un colloquio con la nuova fidanzata.
Il danno
Inoltre, secondo il ricorrente, la già avvenuta esecuzione dell’ordinanza da parte dell’agenzia delle Entrate gli ha procurato un «irreparabile danno» consistito nella messa a disposizione di estranei (in particolare della controparte processuale della fidanzata) di dati particolarmente sensibili e che coinvolgono ulteriori persone terze. Il tutto per stabilire il mantenimento dei figli dei coniugi litiganti. «Non è questa altro che una versione rivista e corretta di patriarcato?» chiosa sarcasticamente l’“extraneus”.
Fonte: Il Sole 24 Ore