Licenziamenti collettivi, allo studio di Urso il raddoppio dei termini temporali per le procedure
A sorpresa la disciplina sui licenziamenti collettivi torna nel mirino del governo. Ad accendere i riflettori sulla legge 223 del 1991 è il ministro dell’Impresa e del Made in Italy, Adolfo Urso, che prima in Consiglio dei ministri ad inizio settimana, eppoi in occasione del tavolo sull’Automotive giovedì scorso, ha sottolineato la necessità di «aggiornare la normativa sulla chiusura dei siti produttivi e sui licenziamenti collettivi e renderla coerente con la nostra politica industriale e occupazionale». Un intervento, ha aggiunto il ministro Urso, che dovrà essere realizzato in «stretta collaborazione con le parti datoriali e sindacali».
Le finalità
Il tema è estremante delicato, anche alla luce dei ripetuti inviti della Corte costituzionale a non moltiplicare gli interventi normativi, bensì a rendere più omogenea e uniforme la disciplina sui licenziamenti. Da quanto si apprende, i tecnici del Mimit starebbero ragionando su una norma che eviti un’ondata di licenziamenti collettivi legata ad alcune importanti crisi dei comparti industriali, che potrebbero comportare consistenti perdite di posti di lavoro, anche sotto la spinta delle transizioni ecologia e digitale. Nel solo Automotive i sindacati hanno stimato fino a 70mila posti a rischio per l’attuazione del regolamento europeo che prevede la fine del motore endotermico dal 2035; regole che lo stesso governo italiano sta contestando in Europa.
Allo studio raddoppio secco dei termini
Nelle bozze in circolazione la proposta allo studio del Mimit, nonostante si tratti di una materia che tipicamente è del ministero del Lavoro, prevede il raddoppio secco dei termini delle procedure di licenziamento collettivo. Nelle aziende che effettuano almeno 99 licenziamenti si prevederebbe di raddoppiare da 45 a 90 giorni il termine per l’esame congiunto in sede sindacale e da 30 a 60 giorni il termine per l’esame in sede istituzionale, qualora non sia stato raggiunto l’accordo tra le parti.
Quattro le fattispecie procedurali
Per effetto di questa proposta, che ancora è in fase embrionale, diventerebbero quattro le fattispecie procedurali dei licenziamenti collettivi. Nel caso in cui numero dei lavoratori interessati dalle procedure di licenziamento collettivo sia inferiore a dieci l’articolo 4, comma 8 della Legge 223/1991 riduce alla metà i termini dell’esame congiunto tra le parti. La seconda procedura è quella che potremmo definire “ordinaria”, che prevede 45 e 30 giorni, rispettivamente per l’esame congiunto in sede sindacale e in sede istituzionale. La terza procedura è quella definita dall’ex ministro Andrea Orlando, in chiave antidelocalizzazioni, rimasta pressoché inattuata, che si applica ai datori di lavoro che, nell’anno precedente, abbiano occupato con contratto di lavoro subordinato mediamente almeno 250 dipendenti. In base a questa normativa, il datore di lavoro che intenda procedere alla chiusura di una sede licenziando almeno 50 lavoratori è tenuto a dare comunicazione per iscritto dell’intenzione alle rappresentanze sindacali aziendali o alla rappresentanza sindacale unitaria, nonché alle sedi territoriali delle associazioni sindacali di categoria comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, alle regioni interessate, al ministero del Lavoro, all’ex Sviluppo economico (oggi Mimit).
La tempistica
La comunicazione effettuata almeno 90 giorni prima dell’avvio della procedura indica le ragioni, il numero e i profili professionali del personale occupato. Entro 60 giorni dalla comunicazione il datore di lavoro elabora un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura e lo presenta ai soggetti in precedenza elencati, che non può avere una durata superiore a dodici mesi. Entro trenta giorni dalla sua presentazione, il piano è discusso con i sindacati, regioni e ministeri interessate. Insomma, la proposta del ministro Urso appesantirebbe solo il quadro normativo attualmente vigente configurandosi come la quarta procedura sui licenziamenti collettivi.
Fonte: Il Sole 24 Ore