Maire, la sostenibilità al centro del nuovo assetto strategico
L’ultimo step, qualche giorno fa, con l’ingresso dell’emiratino Yousef Al Nowais, numero uno di Arab Development Company, nel capitale di NextChem, la controllata di Maire a capo della business unit Sustainable Technology Solutions. Una mossa, quella messa in campo da Al Nowais, già partner industriale e azionista di Maire fin dal 2013, che servirà a dare ulteriore impulso a NextChem in un’area strategica come il Medio Oriente, come spiega al Sole 24 Ore il presidente di Maire, Fabrizio Di Amato. «Si tratta di un ulteriore snodo del percorso di valorizzazione di NextChem che è al centro della riorganizzazione annunciata a fine ottobre e che era stata preceduta dal nuovo assetto strategico lanciato lo scorso anno e riconfermato nel piano decennale presentato al mercato lo scorso marzo».
Di Amato: un piano decennale per la transizione energetica
Con la nuova strategia al 2033, il gruppo ha voluto rafforzare il proprio posizionamento all’interno di uno scenario energetico caratterizzato da cospicui investimenti e alla ricerca di soluzioni volte a decarbonizzare gli impianti energetici esistenti e nuovi, rispetto alle quali Maire è in grado di mettere in campo risposte estremamente flessibili. «Per traguardare i cambiamenti epocali che riguardano la transizione energetica – precisa Di Amato -, era necessario predisporre un piano decennale che prevede ricavi per oltre 10 miliardi al 2033, un ebitda di un miliardo, a fronte di più un miliardo di investimenti da realizzare nell’arco di piano, e una cassa netta per 1,6 miliardi». L’operatività del piano poggerà sulle due “gambe” del nuovo modello organizzativo voluto da Maire: da un lato, la business unit (Tecnimont) Integrated E& Solutions che sarà chiamata ad affrontare la crescita della quantità e delle dimensioni dei progetti energetici grazie alle sue capacità di esecuzione; dall’altro, la business unit Technology Solutions, che fa capo a NextChem e che dovrà sfruttare la propria esperienza nell’ingegneria di processo per integrare le proprie tecnologie proprietarie, supportando i clienti con soluzioni lungo l’intero ciclo (end-to-end) nei settori dei fertilizzanti, dell’idrogeno, dei prodotti chimici, dei carburanti circolari e dei polimeri, tutti tasselli cruciali per la decarbonizzazione dell’industria.
Via a un modello divisionale con due brand distinti
«Abbiamo puntato su un modello divisionale – chiarisce Di Amato -, con due brand distinti (Tecnimont e NextChem) per differenziare due mondi che sono diversi, quanto a processi e skill, ma che poi lavorano a fianco a fianco nell’esecuzione dei progetti perché la business unit delle tecnologie è complementare all’altra. Inoltre, la riorganizzazione ci ha permesso di avere una maggiore focalizzazione sui progetti e di implementare molte delle cose che facciamo, riuscendo altresì ad attrarre molti più giovani che – prosegue il presidente di Maire – hanno una sensibilità elevatissima sulla transizione energetica, come dimostrano anche le oltre 2mila interviste che stiamo conducendo nelle scuole con la nostra Fondazione».
Tre linee di business per la controllata NextChem
Insomma, una riorganizzazione che ha dato nuovo slancio al gruppo e che è stata seguita, di recente, dall’ulteriore riassetto della controllata NextChem, ora articolata su tre linee di business: sustainable fertilizers, low carbon energy vectors e circular solutions, sotto la guida del nuovo ceo Fabio Fritelli. Una nuova struttura che dovrà garantire, rimarca Di Amato, «l’incremento dell’efficienza operativa, l’espansione dei mercati di riferimento e l’accelerazione dello sviluppo di tecnologie sostenibili e scalabili». Tenendo sempre ferma come unica rotta, prosegue il presidente di Maire, «la necessità di perseguire tutte le soluzioni tecnologiche per poter garantire la sostenibilità economica dei progetti e assicurare importanti ricadute dal punto di vista occupazionale».
I costi dell’idrogeno da rifiuti
Per Di Amato, infatti, non bisogna trascurare alcuna opzione nello sviluppo di nuove soluzioni, a cominciare dall’idrogeno. Dove – si veda anche altro articolo in pagina – la scelta di Maire è quella di lavorare su più binari, non solo cioè sulla strada che porta alla produzione dell’idrogeno da rinnovabili, ma anche su quella che conduce all’idrogeno circolare, valorizzando, tra l’altro, i rifiuti municipali e speciali che altrimenti verrebbero smaltiti in discarica. «In Italia – spiega il manager – ci sono 16 milioni di tonnellate di rifiuti che non sono valorizzati perché finiscono in discarica, più circa 5 milioni che oggi esportiamo all’estero, con costi considerevoli per le amministrazioni pubbliche e i cittadini. Ebbene, noi potremmo andare a intercettare quei 21 milioni di tonnellate di rifiuti totali per produrre 2,1 milioni di tonnellate di idrogeno circolare. E, se consideriamo che l’Europa consuma attualmente oltre 8 milioni di tonnellate di idrogeno all’anno, questo ci consentirebbe di aumentare la produzione nazionale diventando uno dei primi produttori nel Vecchio Continente, a costi sensibilmente più bassi. Questo idrogeno circolare sarebbe complementare a quello rinnovabile, che verrebbe dedicato a prodotti a più alto valore aggiunto, e potrebbe soddisfare la domanda crescente di prodotti chimici e carburanti sostenibili quali metanolo e ammoniaca».
Fonte: Il Sole 24 Ore