Rinnovabili, in arrivo 39 centrali eoliche nel mare davanti alle nostre spiagge. Ecco dove

Per l’Italia — povera di vento e ricca di comitati locali riottosi a ogni “devastazione contro il nostro paesaggio” — s’aggiunge il motivo del difficile consenso. Lo scopo primario dell’eolico offshore italiano è evitare i crinali sovraffollati di pale eoliche e di comitati del no.

Tutto nasce da un fatto: primarie le fonti rinnovabili di energia, cioè acqua, sole e vento, hanno una densità energetica molto modesta e hanno bisogno di raccogliere l’energia dispersa su vaste porzioni di spazio. Vallate intere trasformate in laghi idroelettrici, decine di “mulini a vento” sui crinali delle colline, terreni laminati con il nero opalescente del silicio. Sono impianti ad altissima visibilità.

I comitati per la tutela del paesaggio sono l’altra anima, altrettanto nobile, dell’ambientalismo. Invece di voler conservare il clima che amiamo, motivo per cui s’impegna chi sostiene le fonti rinnovabili, i comitati contro gli impianti vogliono conservare il paesaggio, quell’identità dei luoghi in cui si rispecchiano le comunità di chi li abita. E il comitatismo non ha altri strumenti d’opposizione se non i ricorsi alla burocrazia, cioè ai Tar e alle sovrintendenze, per invocare la tutela a quel paesaggio difeso dalla Costituzione (articolo 9), a differenza del clima.

È sufficiente ricordare il primo progetto italiano di eolico in mare: quattordici anni fa, era la primavera 2007, la proposta di qualche pala eolica di fronte alle spiagge del Molise incappò nel rigore del molisano Antonio Di Pietro, il quale disse che la sua bella regione «ha pochi chilometri di costa, non possono rovinarceli». Il progetto si dissolse davanti all’autorevolezza mediatica dell’oppositore.

Progetti in corsa

Procede il progetto di Renexia del gruppo Toto per realizzare nel Canale di Sicilia, a una sessantina di chilometri al largo, il grande parco eolico galleggiante Med Wind: sono state completate le rilevazioni della Galatea , nave della marina militare, e dei biologi della Stazione Zoologica Anton Dohrn.

Fonte: Il Sole 24 Ore