La Biennale rivaluta le artiste storiche e le gallerie cavalcano il momento
Ha aperto con un anno di ritardo per la pandemia la 59ª Biennale d’Arte di Venezia (23 aprile-27 novembre 2022). Ma già nei giorni scorsi, per l’anteprima dell’evento, centinaia di professionisti del settore e collezionisti d’arte si sono riversati nei Giardini, all’Arsenale e tra le calli della città lagunare, ansiosi di tornare a incontrarsi di persona e aggiornarsi sulle tendenze più attuali del contemporaneo. In realtà, l’Esposizione Internazionale di quest’anno, intitolata “Il latte dei sogni” e per la prima volta curata da una donna italiana, Cecilia Alemani, non vuole essere solamente un evento che guarda al presente, ma anche una mostra di riscoperta, un’occasione per rivalutare artiste (le donne rappresentano l’80% dei partecipanti) che sono state trascurate dal sistema dell’arte e che ora tornano finalmente alla ribalta, con conseguente crescita dei valori. Quasi la metà dei partecipanti (44%) sono artiste o artisti scomparsi, una percentuale elevata insolita per una Biennale.
Le grandi dimenticate
Su molte di loro si sta concentrando l’attenzione delle gallerie e dei musei, ad esempio, sull’ottantasettenne portoghese di base a Londra Paula Rego, che troviamo esposta anche nella sede veneziana di Victoria Miro con opere dei primi anni 2000 sulla vita della Vergine reinterpretata dall’artista, per anni rimaste nella sua collezione personale – una rara opportunità per i collezionisti, considerati anche i lunghi tempi di produzione dell’artista (prezzi 40.000-300.000 sterline). Louise Nevelson, invece, oltre alla Biennale in laguna ha una grande mostra alle rinnovate Procuratie Vecchie in Piazza San Marco, organizzata dalle gallerie Pace e Giò Marconi, mentre si è appena conclusa al Reina Sofia di Madrid la prima personale in Europa della cubana Belkis Ayon a 20 anni dalla sua morte. Nata a L’Avana nel 1967, la sua carriera è stata breve – si è tolta la vita a 32 anni – ma caratterizzata da un’attenzione verso temi come la marginalizzazione e l’intolleranza affrontati con la tecnica di stampa della collografia (le sue opere all’asta quotano tra 2.000 e 48.000 $). Anche l’americana Agnes Denes ha avuto la prima retrospettiva a New York, allo Shed, solo l’anno scorso dopo averci vissuto e lavorato per 60 anni.
Tra Surrealismo e Futurismo
Largo spazio nella mostra è dato alle Surrealiste, riscoperte a partire dagli anni 2000, tra cui alcune ancora meno conosciute, come l’inglese Ithell Colquhoun, occultista di cui la Tate ha acquistato nel 2019 tutto l’archivio (all’asta non supera i 45.000 euro), o la cecoslovacca Toyen, fino al 24 luglio in mostra al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, i cui prezzi negli ultimi anni sono già molto cresciuti fino a superare i 2,5 milioni di €.
Le gallerie, naturalmente, non restano indietro: Tommaso Calabro a Milano dedica una grande mostra alla surrealista italo-argentina Leonor Fini (price range da 8.000 a 40.000 euro per le carte e da 30.000 a 200.000 euro per le tele) in dialogo con Francesco Vezzoli, mentre Galerie Knoell di Basilea proporrà alla prossima Art Basel (16-19 giugno) nella sezione Statements uno stand tutto dedicato alla svizzera Meret Oppenheim, che coincide anche con una mostra itinerante tra Berna, Houston e New York (prezzi da 10.000 a 240.000 €).
Oltre a loro, cresce l’attenzione nei confronti delle Futuriste, come Regina o Valentine de Saint-Point, benché per loro lo sviluppo sul mercato sia più difficile a causa della scarsa reperibilità di opere, ma anche sulle italiane dell’Arte Programmatica e Cinetica (Grazia Varisco, Laura Grisi, Marina Apollonio, Nanda Vigo, Lucia Di Luciani, Dadamaino e Carla Accardi), rimaste sottovalutate rispetto ai colleghi uomini.
Fonte: Il Sole 24 Ore