Una icona inglese che ha rivoluzionato il mondo dell’auto
Era la fine degli anni cinquanta, precisamente il 1959. Un periodo caratterizzato da grandi eventi, dalla Guerra in Corea alla crisi di Suez fino alla Rivoluzione Cubana. E in questo contesto è nata una piccola automobile che negli anni sarebbe poi diventata un’icona, ammirata e scopiazzata in tutto il mondo: Mini.
Il padre della Mini è l’ingegnere greco Alec Issigonis che rivoluzionò letteralmente il settore automobilistico dell’epoca. Un lunghezza ridotta all’osso, solo 3 metri e 5 centimetri, un motore in posizione anteriore trasversale, il cambio sistemato al di sotto per ridurre gli ingombri come anche il radiatore che collocato lateralmente. E, ancora, sospensioni a ruote indipendenti e cerchi da appena 10 pollici. Il motore è soltanto di 848 cc per 34 cv sufficienti, comunque, a muovere un’auto che pesava solo 617 kg che nel tempo aumenteranno fino a 85 cv della variante Cooper S con cilindrata aumenta.
Grazie all’originalità della mano di Issigonis, la casa automobilistica inglese è divenuta un’emblema nel parco automobilistico europeo, diventando un vero e proprio status symbol.
Il nome Mini nacque inizialmente per un’auto specifica, ovvero una vettura nota come Morris Mini Minor e Austin Seven, lanciata dalla Bmc (British Motor Corporation) nel 1959. Successivamente il nome si sviluppò come un marchio a sé stante e si estese ad una gamma completa di veicoli.
La Mini era originariamente una vettura della Bmc, che nel 1966 entrò a far parte della British Motor Holdings. La fusione tra Bmh e Leyland Motors portò alla nascita nel 1968 della British Leyland: nel 1969 Mini diventa così un marchio a sé stante. Nel corso degli anni ottanta la British Leyland cambia nome prima in gruppo Austin Rover e poi in Rover Group, ma una forte crisi porta nel 1988 alla vendita dell’azienda (e quindi anche della Mini) alla British Aerospace, la quale a sua volta lo cede nel 1994 a Bmw. Nel 2000 il Gruppo Rover viene smembrato e Bmw mantiene la sola proprietà della Mini.
Fonte: Il Sole 24 Ore