Siliconomy, un giro d’affari planetario da 574 miliardi che l’IA porterà al trilione di dollari

Siamo a San Josè, a ridosso della più famosa e turisticamente attraente San Francisco, e Intel ha scelto questa città, la terza più popolosa della California e sede del suo quartier generale, per presentare a partner e clienti le novità di prodotto e le tendenze dei prossimi anni.
Sul palco sale Pat Gelsinger, CEO di Intel e nerd carismatico, che ama parlare di chip, architetture e microcode, ma che ha anche dimostrato di saperla lunga quando si parla di gestire una multinazionale ad altissima tecnologia. Non a caso, il suo discorso parte da quella che lui definisce la “Siliconomy”, il giro d’affari mosso dalla creazione dei chip (in cui il silicio gioca un ruolo primario).
Oggi l’industria dei chip vale 574 miliardi di dollari e Pat Gelsinger si aspetta che questo numero arrivi a mille miliardi entro il 2030 spinta dal continuo diffondersi di dispositivi elettronici che copriranno davvero ogni aspetto della nostra vita. E in ognuno di questi aspetti, entrerà l’IA. No, non quella dei film, senziente e dotata di emozioni, ma “semplici” algoritmi in grado di ottimizzare cose come il riconoscimento vocale, quello di oggetti all’interno di immagini, prevedere traiettorie, chiacchierare del più e del meno come fa chatGPT e così via. Anche se nascosta, questa sarà una vera e propria rivoluzione copernicana che creerà una serie incredibile di opportunità per tutte le aziende che sfrutteranno le IA e per chi svilupperà queste soluzioni che le aziende vorranno sfruttare.
Serve silicio, sempre più silicio
Ma per funzionare, l’IA ha bisogno di chip dedicati e potenti. Chip che dovranno essere ovunque: negli smartphone, nei tablet, nei notebook, negli smartwatch, negli occhiali, negli anelli e, soprattutto, nei datacenter. Un’ondata di innovazione che attorno al fatturato diretto delle aziende tecnologiche genererà un indotto mostruoso. Basti pensare che il peso economico diretto dell’industria dei microchip dal 1995 al 2015 è quantificabile secondo McKinsey in 3.000 miliardi di dollari, mentre l’indotto è stato di ben 11.000 miliardi.
Secondo un rapporto stilato da SIA (semiconductor Industry Association), per ogni lavoratore nel settore dei microchip, ci sono 57 lavoratori che gli gravitano intorno e gli stipendi sono del 79% più alti della media, con una diretta correlazione anche a livello sociale: nei paesi in via di sviluppo, l’adozione di nuove tecnologie corrisponde a un aumento della richiesta di forza lavoro. E le prospettive sono ottime: non solo per portare l’IA ovunque servono processori, ma devono anche essere molto potenti. Secondo uno studio di Forrester, Il 64% dei leader in ambito tecnologico ritiene che i computer non forniscano tutta la potenza di cui hanno bisogno per portare avanti i loro piani e addirittura il 76% inizia a vedere un rallentamento preoccupante nell’incremento delle prestazioni.
L’IA fornisce potenza, anche se diversa da quella dei chip tradizionali
L’IA può essere una soluzione a questa fame di potenza, tanto che già nel 2025 Medium e McKinsey si aspettano che il 20% della produzione totale di chip sarà trainata dalla richiesta di intelligenza artificiale.
Intel è ben conscia di questo trend e il suo evento era tutto incentrato sull’IA: tutti i prodotti presentati, dai processori per datacenter a quelli per desktop e notebook, vantano una importante presenza di centri di calcolo dedicati al machine learning & soci (il termine un po’ più tecnico per questa ‘intelligenza artificiale’), ma la cosa che più conta è che Intel ha messo al centro della nuova strategia i suoi partner e gli sviluppatori.
Perché il mercato dell’IA esprima tutto il suo potenziale, servono programmi e software che la rendano disponibile alle aziende in maniera semplice e perfettamente integrata con i processi di business, un lavoro che viene svolto da software house, integratori di sistema e fornitori di piattaforme tecnologiche.
Tutta gente che ha grande bisogno di supporto per mettere in campo le tecnologie e che al momento è spesso legata all’hardware nVidia per i suoi bisogni: chip potenti, con un’ottima base software, ma costosi e proprietari. Un modello di business che Intel conta di scardinare facendo leva sull’Open Source. OpenVINO è il framework creato da Intel per permettere a chiunque di sfruttare in maniera “semplice” l’IA nei propri programmi, a prescindere dall’hardware sul quale girerà. Inoltre, mette a disposizione degli sviluppatori un servizio chiamato Intel Developer Cloud, dove gli sviluppatori possono scrivere e testare le proprie applicazioni IA senza costi e sulle ultime tecnologie, anche quelle ancora non pienamente rilasciato sul mercato.
Un settore che ha bisogno di grande collaborazione
L’intelligenza artificiale deve affrontare ancora molte sfide sul mercato, ma è indubbio che è qui per rimanere. ChatGPT è solo la punta dell’iceberg e all’interno delle aziende verrà usato pochissimo nella forma in cui lo abbiamo visto tutti. Diventerà invece essenziale in tutta una serie di applicazioni mirate che hanno bisogno di chip, sviluppatori e talenti che faranno crescere la Siliconomy molto velocemente. La vera minaccia al suo futuro arriva dalla situazione geopolitica che è in mano a persone che non hanno molto a che vedere con la tecnologia e che potrebbero spezzare la Siliconomy in due o tre economie quasi chiuse, limitando fortemente lo sviluppo di un settore che ha bisogno di grandi interazioni per correre al massimo delle sue potenzialità.

Fonte: Il Sole 24 Ore