Honda XL750 Transalp, come va la globetrotter giapponese

Il nome Transalp rievoca ricordi affettuosi negli appassionati che hanno superato gli “anta”: il modello Honda, presentato nel 1986, aveva un bicilindrico a V di 583 cc ed era in grado di andare ovunque, non solo nella fantasia di chi la acquistava che fantasticava sulle vittorie alla Parigi-Dakar delle potenti Honda Nxr 750 di Cyril Neveu, Gilles Lalay e il friulano Edi Orioli. La produzione è proseguita fino al 2013, quando il modello è uscito di produzione. Dieci anni dopo Honda ha presentato la nuova XL750 Transalp (circa 11mila euro), sempre con lo stesso obiettivo: andare ovunque.

Voglia di avventura. Sarà per la scelta di riprendere la colorazione tricolore del primo modello, ma la nuova Transalp mette voglia di partire. La linea è semplice, snella nella parte centrale, con una grande ruota anteriore da 21” (18” al posteriore) con camera d’aria che tradisce una discreta attitudine al fuoristrada: non è il suo terreno elettivo ma, se bisogna affrontare uno sterrato, anche brutto, per arrivare alla spiaggia isolata di cui ti hanno parlato in paese, lei ti porta grazie all’escursione di 210 mm della forcella Showa (190 mm per il mono posteriore) e all’altezza da terra di 200 mm.
Motore in comune con Hornet. Il bicilindrico, non più a V ma parallelo frontemarcia, è lo stesso della naked: 755 cc e 92 cv di potenza massima con una coppia di 75 Nm. L’elettronica differenzia le due versioni del propulsore: nella Transalp predilige un carattere in linea con l’uso turistico e per le lunghe distanze, con quattro riding mode più uno specifico per il fuoristrada (Gravel); Abs e controllo di trazione possono essere esclusi nella mappatura “User”, personalizzabile anche nella risposta dell’acceleratore e del freno motore.

Ciclistica robusta. Anche lo scheletro è in comune con Hornet, ma, per meglio resistere agli strapazzi della guida in off-road, il telaio della Transalp è stato irrigidito rispetto a quello della Hornet, mentre il telaietto è più largo e allungato, a favore della comodità del passeggero e della capacità di carico. L’impianto frenante Nissin comprende due dischi da 310 mm davanti e uno posteriore da 256 mm. Il peso della Transalp è contenuto: 208 kg in ordine di marcia (la sorella maggiore Africa Twin ne pesa 226).

Come va. Il manubrio largo, la sella alta 850 mm con i fianchi stretti che consentono di poggiare entrambi i piedi a terra a chi supera i 170 cm infondono una sensazione di sicurezza. La strumentazione è racchiusa in un display tft a colori che consente di scegliere la grafica ed è collegabile allo smartphone. Purtroppo mancano alcune dotazioni “turistiche”: non ci sono, nemmeno optional, il cruise control e la regolazione del parabrezza (non c’è nemmeno la manopola per regolare il precarico del monoammortizzatore); è possibile puntare però sul parabrezza maggiorato, anche se quello di serie ripara abbastanza bene anche i piloti più alti. La sella è comoda, non cedevole, e spaziosa per pilota e passeggero; la frizione è morbida, si gestisce facilmente (in futuro potrebbe arrivare il cambio Dct doppia frizione): in questo modo nel traffico non si va mai in affanno, complice il raggio di sterzata contenuto. E le buche si superano agevolmente, con le sospensioni progettate per ben altre asperità. Sorprende l’equilibrio in ogni condizione: la Transalp va bene in ogni condizione senza mai strafare come farebbe una moto specialistica. Tra le curve veloci, esagerando, è possibile imbattersi in qualche trasferimento di carico, inevitabile data l’escursione delle sospensioni. Se si procede allegri, ma assecondando il dna della Transalp, si riesce a viaggiare veloci adottando una guida sempre intuitiva e fiduciosi della tenuta della ciclistica. Quanto al bicilindrico, mostra una verve, oltre i 4mila giri, sconosciuta alla vecchia Transalp: ai bassi la spinta è nella norma, ma i medi sono vigorosi e si allunga con decisione fino a 9mila giri. Qualche vibrazione arriva dalle pedane, ma va detto che il modello che abbiamo provato montava il kit Rally Packchecomprende Quickshifter, tubolari paramotore, paracoppa, pedane rally e paramani con estensioni: l’assenza dei gommini dalle pedane lascia passare qualche vibrazione in più. Il cambio elettronico, disponibile come optional, ci ha convinto, perché non ha mostrato esitazioni sia salendo sia scendendo di marcia. In fuoristrada, il riding mode Gravel lascia il controllo di trazione inserito al minimo e adotta una taratura specifica per l’Abs: insomma, si predilige la sicurezza. Per i più smaliziati, c’è sempre la User che toglie tutto e lascia solo l’Abs sull’anteriore.

Fonte: Il Sole 24 Ore