A 12 anni dal sequestro l’ex Ilva di Taranto prova a ripartire

Dodici anni fa all’Ilva di Taranto, proprio il 26 luglio, il sequestro degli impianti da parte della Magistratura per i reati ambientali e l’arresto dei Riva, allora proprietari e amministratori della fabbrica, e i loro dirigenti. Fu l’avvio della crisi tuttora aperta. Dodici anni dopo l’azienda, che ora é Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, prova a ripartire con un piano ad hoc, che prevede che nel 2026 i tre altiforni siano tutti stabilmente in marcia. Sarà accompagnato dalla cassa integrazione straordinaria, sulla quale la scorsa notte al ministero del Lavoro azienda e sindacati hanno firmato l’accordo. Giudizi positivi e unanimi delle sigle metalmeccaniche. Si va intanto verso il lancio del bando di gara per riportare la società sul mercato verso un nuovo privato.

Meno cassintegrati

Un primo punto fondamentale dell’intesa è la riduzione dei dipendenti di Acciaierie in cassa straordinaria. Un mese fa, avviando la procedura, l’azienda aveva fatto una richiesta per 5.200 unità, più del 50 per cento dell’organico, che ora è di poco sotto i 10.000 addetti. Poi, nel vertice Governo-sindacati-azienda di mercoledì scorso a Palazzo Chigi, primo passo avanti, con la riduzione della proposta di cassa da 5.200 a 4.700. Giovedì 25, quando il negoziato sugli ammortizzatori sociali è partito al ministero del Lavoro, la cassa straordinaria é stata ulteriormente ribassata sino a giungere prima a 4.200 dipendenti, poi a 4.100 e infine a 4.050, numero sul quale sono arrivate le firme. Dei 4mila, 3.500 sono a Taranto, 270 a Genova, 175 a Novi Ligure e il resto ripartiti con piccoli numeri negli altri stabilimenti.

L’integrazione al 70%

Ci sono poi altri elementi che hanno agevolato la firma dell’intesa. La cassa sarà irrobustita economicamente da una integrazione che effettuerà l’azienda. Questo porterà la stessa cassa a coprire il 70 per cento dello stipendio. Dopo anni di ammortizzatori sociali, i dipendenti di Acciaierie saranno equiparati ai loro colleghi di Ilva in amministrazione straordinaria. Quest’ultima è la società proprietaria degli impianti che Acciaierie gestisce in fitto. Ilva in as ha da diversi anni dipendenti in cassa e prendono, attraverso uno stanziamento ad hoc di legge, l’integrazione. Questi ultimi – ora circa 1.600 – sono dipendenti che ArcelorMittal prima e Acciaierie d’Italia dopo non hanno riassorbito. Altre novità dell’accordo sono poi l’erogazione di una tantum, decisa dai commissari di AdI per rimotivare il personale, la possibilità di applicare lo smart working, prima volta, la rotazione della stessa cassa, la dichiarazione che non ci sono “esuberi strutturali”, la riconosciuta validità dell’accordo di settembre 2018 con Mittal, che subentrò allora all’amministrazione straordinaria di Ilva, e la riqualificazione e formazione professionale. Infine, “non saranno interessati dalle sospensioni in cigs i dipendenti addetti alle attività di manutenzione e alla sorveglianza delle attività connesse alla sicurezza e all’ambiente, quando direttamente impegnati in specifici programmi di manutenzione, sorveglianza e alle attività legate al piano di ripartenza”.

La ripresa della fabbrica

“A partire dal mese di ottobre 2024 avverrà la messa in esercizio del secondo altoforno. Questa condizione comporterà il raddoppio della produzione di acciaio e conseguentemente I’aumento della disponibilità dell’acciaio da verticalizzare. Ciò consentirà, coerentemente con i nuovi volumi prodotti, il progressivo riavvio di tutti gli impianti dei siti del gruppo”. Ecco quanto é scritto nell’accordo.

Tra lavori e ripristini 620 milioni

A sostegno delle attività del piano di ripartenza, è detto nell’aggiornamento del piano accluso all’accordo ministeriale, ci sono risorse provenienti dal prestito ponte da 320 milioni di euro assegnato dalla Commissione Europea e 300 milioni di euro provenienti dal patrimonio destinato di Ilva in amministrazione straordinaria”. C’é un totale, quindi, di 620 milioni di euro per il riavvio del siderurgico di Taranto. Il piano poggia tra l’altro sulla “individuazione delle condizioni di esercizio degli impianti in normalità o gestione ordinata (sicurezza, ambiente, qualità, costi) e progressivo riavvio degli impianti produttivi fermi”. Con l’entrata in marcia dell’altoforno 1 tra ottobre e novembre prossimi, la produzione del 2024 si assesterà a 1,9-2,2 milioni di tonnellate. Nel prossimo anno, prevista una produzione di 4,5-5 milioni di tonnellate con la rimessa in marcia dell’altoforno 2 tra gennaio e febbraio. La ripartenza dei due altiforni vedrà una preliminare fase di accensione di circa un mese che é ottobre 2024 per l’altoforno 1 e gennaio 2025 per il 2. Dal mese successivo (cioè novembre 2024 per l’1 e febbraio 2025 per il 2), i due altiforni saranno in produzione per poi fermarsi di nuovo per ulteriori lavori di manutenzione e di messa a punto. Nel 2026, l’andamento produttivo migliorerà. Già dall’inizio del 2026 gli altiforni 1 e 4 saranno stabili ed ad essi da aprile 2026 si aggiungerà anche l’altoforno 2. Dalla primavera 2026 l’ex Ilva di Taranto riavrà tutti i suoi tre altiforni (1, 2 e 4) in attività. Infine, sempre a Taranto, il 25 per cento dei lavori di manutenzione industriale del piano di ripartenza é già stato avviato, percentuale che sale al 50 per cento negli altri siti.

Fonte: Il Sole 24 Ore