A Jenin gli abitanti si preparano al peggio: «Ognuno ha fatto scorte di alimenti e farmaci»
RAMALLAH – «Ognuno in città ha fatto scorte di alimenti e di farmaci. Abbiamo caricato i telefoni, le power bank, comprato tante batterie. Arriveranno giorni in cui non ci sarà elettricità e acqua». Prepararsi al peggio è divenuto un rituale per gli abitanti di Jenin. Un’arte affinata col tempo, e l’esperienza. Nell’arco di poche ore ci si precipita nei negozi ancora aperti e si fa in modo di aver tutto l’indispensabile a disposizione. Per un lungo periodo.
La voce di Barra, 25 anni, insegnante di inglese, arriva chiara. Dal suo tono si percepisce la preoccupazione di chi si prepara a vivere in una battaglia urbana. Ma si coglie anche la rassegnazione di chi ha già conosciuto, e convissuto, con i raid israeliani. «Non passano due minuti che si odono raffiche, spari. Abbiamo udito il sinistro fragore di due razzi, il rombo dei caccia». «Gli elicotteri volteggiano sopra le nostre teste», ci racconta Ismail Hossam, dipendente pubblico nato nel campo profughi. «Non sappiamo quando finirà ma temo sarà lunga».
Da Jenin i testimoni, chiusi in casa, ci spediscono le riprese fatte con i telefonini. In alcune immagini si vedono dei civili che camminano e vengono colpiti indiscriminatamente. Si accasciano a terra. Un ragazzo ferito a una gamba, un uomo sui 60 anni colpito al petto mentre fuggiva.
Ismail è riuscito a fuggire dal campo profughi appena prima che lo circondassero. Da ieri pomeriggio è sotto assedio: «Ci prepariamo al peggio. Non avevo mai visto così tanti veicoli, blindati, mai udito tanti droni in un solo giorno».
Anche Barra è riuscito a spostarsi in un altro quartiere della città dove attenderà con la famiglia. La sua casa, vicina alla rotonda che porta al campo profughi, era troppo esposta. «Per tornare a Jenin ha dovuto attraversare molti check point. Poco dopo la città palestinese di Nablus siamo stati fermati sulla strada dalla polizia israeliana. Ci sono stati incidenti con i coloni, hanno invaso la strada tirando pietre contro le auto palestinesi».
Fonte: Il Sole 24 Ore