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Accordo per un governo di centro in Austria, ultradestra fuori. Focus sul bilancio
A cinque mesi dalle elezioni, a meno di colpi di scena dell’ultim’ora, in Austria è stato raggiunto l’accordo per un governo di coalizione senza l’ultradestra, che potrebbe vedere la luce già lunedì. Ad annunciarlo sono stati i leader dei tre partiti che già una prima volta, dopo il voto del 29 settembre, avevano cercato di formare una coalizione – i Popolari dell’ÖVP, i Socialdemocratici dell’SPÖ e i Liberali di NEOS – salvo poi rinunciare per contrasti apparentemente insanabili sul bilancio.
Dopo quel fallimento, e l’impossibilità di trovare anche un’intesa a due. tra Popolari e Socialdemocratici, il presidente Alexander van der Bellen aveva conferito l’incarico a Herbert Kickl, il controverso leader del Partito della libertà FPÖ, l’estrema destra filorussa ed euroscettica arrivata prima a settembre, che così aveva avuto l’occasione storica di guidare per la prima volta nel Dopoguerra un governo a Vienna. Ma anche i negoziati tra FPÖ e ÖVP sono poi naufragati per gravi divergenze sull’agenda e sui ministeri chiave, offrendo così una seconda chance ai tre partiti più moderati.
Proprio quel fallimento spiega l’intesa di oggi secondo Laurenz Ennser-Jedenastik, politologo dell’Università di Vienna: «Hanno capito di aver esaurito tutte le altre opzioni. In particolare, l’ÖVP si è reso conto di non avere un’alternativa con l’FPÖ, tutti hanno imparato dalla prima esperienza che dovevano fare più concessioni agli altri partiti».
Consapevoli di un primo tentativo che si era infranto sullo scoglio del bilancio, i leader dei tre partiti – Christian Stocker (cancelliere in pectore) per i Popolari, Andreas Babler (probabile vicecancelliere) per i Socialdemocratici e Beate Meinl-Reisinger (designata per il ministero degli Esteri) per i Liberali – si sono presentati in conferenza stampa con un programma di governo di 200 pagine in cui un posto di primo piano occupano proprio le misure per riportare il deficit sotto il 3% ed evitare una procedura d’infrazione da parte della Ue. Tra queste, maggiori tasse sulle banche, estensione dell’imposta sugli extra-profitti delle società produttrici di combustibili fossili, ma anche eliminazione di provvedimenti a favore dell’ambiente, come l’esenzione dall’IVA per i pannelli solari. La spesa verrebbe poi tagliata attraverso la riforma delle pensioni, mentre l’immigrazione verrebbe ridotta bloccando i ricongiungimenti familiari per i parenti stretti dei rifugiati.
I margini di manovra non sono ampi, con il Paese reduce da due anni di contrazione del Pil su cui hanno pesato la dipendenza storica dal gas russo e la flessione di un partner privilegiato come la Germania. E anche la vita del governo non sarà facile. «Hanno un lavoro difficile davanti – commenta ancora Ennser-Jedenastik -: consolidare il budget significa che le ambizioni dei partiti in vari ambiti subiranno forti limitazioni. E credo anche che circostanze esterne, come la rottura potenziale della relazione transatlantica o gli sviluppi in Ucraina, possano complicare la vita della coalizione».
Fonte: Il Sole 24 Ore