Acqua: crescono gli investimenti dei gestori industriali. Ma resta il divario tra Nord e Sud

Acqua: crescono gli investimenti dei gestori industriali. Ma resta il divario tra Nord e Sud

Investimenti in crescita nel settore idrico, anche grazie alla spinta impressa dal Pnrr, ma permangono grandi differenze tra Nord e Sud e per classi di fatturato. E le gestioni in “economia”, dove il boccino è in mano agli enti locali, continuano a registrare impegni ancora molto contenuti. È questa la fotografia contenuta nel Quaderno Blue Book “Investimenti per la sicurezza idrica e la qualità del servizio”, realizzato dalla Fondazione Utilitatis e promosso da Utilitalia, che oggi sarà presentato al Cnel.

L’incremento degli investimenti

Dal puntuale check emerge che negli ultimi anni gli investimenti nel comparto hanno subito una trasformazione significativa, facendo segnare un miglioramento progressivo sia nella spesa pro capite, che è salita a 80 euro annui pro capite stimati per il 2025 (a fronte dei 72 euro, sempre stimati, nel 2024 e dei 65 euro del 2023, sulla base dei consuntivi), sia nello sforzo messo in campo dai gestori industriali. Le cui mosse vengono analizzate dallo studio attraverso la documentazione presentata da 67 soggetti che coprono circa 38,6 milioni di abitanti al 2023 (il 66% del totale nazionale).

Le gestioni “in economia”

Nel triennio 2021-2023 gli operatori industriali hanno, quindi, realizzato investimenti per 7,1 miliardi, ma il dato è destinato a crescere in prospettiva poiché, per il biennio 2024-2025, gli interventi programmati ammontano a 13,2 miliardi. Restano, invece, molto bassi i dati relativi alle gestioni “in economia” che interessano oggi il 12% della popolazione nazionale e si concentrano essenzialmente al Sud Italia: nel 2023 gli investimenti medi si sono attestati a livello nazionale a 29 euro per abitante, rispetto ai 65 euro dei gestori industriali.

Il divario tra le Regioni

C’è tuttavia un netto divario, chiarisce l’analisi, tra le diverse Regioni nella capacità di investimento: in media, al Nord, l’asticella si attesta a circa 63 euro per abitante, al Centro sale a 73 euro, mentre nel Mezzogiorno la spesa si colloca intorno ai 32 euro pro capite, con previsioni di recupero fino a 58 euro entro il 2025 grazie anche agli interventi finanziati dal Pnrr. Altre differenze significative appaiono, poi, anche considerando la distribuzione degli investimenti per classe di fatturato: la capacità di impegno finanziario è, infatti, strettamente proporzionale alla dimensione dell’operatore. In altre parole, i gestori con un fatturato inferiore a 25 milioni di euro registrano una spesa media pari a 44 euro per abitante, mentre i più grandi arrivano a 68 euro per abitante.

Il peso dei fondi pubblici

L’analisi esamina poi anche il peso di fondi pubblici e contributi che, nel 2021-2023, hanno raggiunto circa 2,4 miliardi di euro, asticella destinata a crescere a 5,1 miliardi includendo anche il biennio 2024-2025. Con un particolare impatto soprattutto per le Regioni centrali e meridionali (dove il contributo medio pro capite è in aumento da 17 a 33 euro). «Questi strumenti hanno certamente contribuito all’accelerata degli ultimi anni – spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini -. Ma ragionando in un’ottica futura, che vada al di là dell’orizzonte temporale del 2026 e quindi del Pnrr, alle risorse derivanti dalla tariffa andrebbe affiancata anche una quota di contributo pubblico di almeno 1 miliardo di euro l’anno per i prossimi 10 anni, per portare avanti un piano straordinario di interventi volti ad assicurare la tutela della risorsa e del territorio, nonché garantire la continuità del servizio anche in periodi di stress climatici sempre più frequenti e adeguare gli impianti di depurazione secondo quanto disposto dalla direttiva sulle acque reflue».

Fonte: Il Sole 24 Ore