Affitti brevi: come orientarsi nella giungla di regole, da Airbnb al caso Venezia
Quando l’Avvocato generale della Corte di giustizia Ue ha presentato le sue conclusioni sulla vertenza tra Airbnb e lo Stato italiano, giovedì scorso a Lussemburgo, molti osservatori hanno avuto un senso di déjà-vu. La posizione è stata ancora una volta interlocutoria: sì all’obbligo di ritenuta fiscale per gli intermediari; no all’obbligo per i portali esteri di nominare un proprio rappresentante fiscale in Italia. E, comunque, bisognerà attendere la decisione della Corte Ue, dopo la quale toccherà al Consiglio di Stato, che aveva rimesso la questione pregiudiziale in sede europea. La norma contestata, intanto, è in vigore dal 1° giugno 2017.
Quello sulla ritenuta è solo un esempio dell’incertezza generata dalle leggi che da anni si succedono – a livello centrale e locale – nel tentativo di regolare gli affitti brevi. Un mercato che, dopo aver perso il 60% nel 2020 segnato dal Covid, quest’anno tornerà a 950mila abitazioni locate (previsione di Scenari Immobiliari), poco sotto i numeri pre-pandemia.
Con il voto di fiducia finale alla conversione in legge del Dl Aiuti – atteso in settimana al Senato – è destinata a entrare in vigore un’altra novità: la stretta alle locazioni nella città storica di Venezia. Con l’obiettivo dichiarato di favorire l’offerta degli affitti residenziali a lungo termine (e tutelare il patrimonio storico-artistico), l’emendamento prevede che il Comune possa individuare – anche per zone – i «limiti massimi e i presupposti» che consentono di destinare le case alla locazione breve. Ma bisognerà tenere conto della funzione di «integrazione al reddito» per chi mette in affitto una sola unità immobiliare. Inoltre, il sindaco potrà stabilire che l’affitto per più di 120 giorni all’anno sia subordinato al cambio di destinazione d’uso e della categoria dell’immobile.
«Riteniamo che questa norma sia lesiva del diritto di proprietà», commenta Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. «E, comunque, non è con i divieti che si favorisce la locazione duratura, ma con opportuni incentivi, ad esempio eliminando l’Imu per i contratti di lunga durata e consentendo ai locatori di recuperare più facilmente l’immobile in caso di morosità». Dietro i tanti interventi normativi sulle locazioni brevi, infatti, c’è spesso il tentativo di contrastare lo spopolamento di interi quartieri nelle zone centrali delle città. Oltre alla volontà di combattere l’evasione fiscale e l’affitto senza regole. «Il problema è che i nuovi obblighi e gli adempimenti finiscono per colpire solo chi fa le cose in regola», aggiunge Spaziani Testa.
La norma su Venezia richiama la definizione di «affitto breve» contenuta nella cosiddetta legge Airbnb (il Dl 50/2017). «Ma l’articolo 4 di quel decreto riguarda solo i contratti tra proprietari e locatori persone fisiche di durata non superiore a 30 giorni, lasciando fuori le gestioni imprenditoriali», osserva Dario Pileri, presidente di Prolocatur. Lo stesso richiamo normativo fa sì che la stretta si applichi anche ai contratti “brevi” non turistici, come quelli per motivi di lavoro, studio o assistenza a familiari. Altro punto critico, i 120 giorni: «Un limite che indurrà molti proprietari a concentrare l’offerta nei periodi più redditizi dell’anno – rileva Pileri – aggravando il fenomeno dell’overtourism».
Fonte: Il Sole 24 Ore