Affitti turistici: a Venezia e Firenze più vantaggiosi della locazione lunga, a Milano no
Affitto lungo o locazione breve turistica? È il dilemma dei proprietari di seconde case che, di fronte all’opportunità di ottenere un guadagno da un immobile di proprietà che non è la propria abitazione principale, devono capire qual è la scelta migliore. Approfittando della forte ripresa del turismo dopo le restrizioni imposte dal Covid (la crescita media annua tra il 2020 e il 2023 è stata del 34% toccando 134 milioni di arrivi nel 2023, il 51% dei quali di stranieri), gli affitti brevi – soggiorni inferiori a 30 giorni – hanno ripreso a diffondersi nei centri delle città a maggiore vocazione turistica (con ricadute spesso negative per gli abitanti delle zone ad alta densità di visitatori). Ma non sempre si tratta della strada più conveniente. Perché se lo “short term rental” conviene sempre a Venezia e Firenze, diverso è il caso di Milano. A gettare luce sul fenomeno e a fornire numeri sono i Quaderni dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi), con cui l’Agenzia delle entrate mette a disposizione le ricerche e analisi sul mercato immobiliare italiano.
La ricognizione e l’incidenza degli affitti brevi
Prendendo in considerazione otto grandi centri e basandosi sulle informazioni di InsideAirbnb (sito indipendente fondato dal ricercatore Murray Cox, che raccoglie le informazioni relative alle offerte di alloggi pubblicate sulla piattaforma Airbnb) nel 2023 Roma (24.774), Milano (23.696) e Firenze (11.321) si confermano le tre città con il più alto numero assoluto di alloggi offerti in locazione.
Ma per capire meglio l’impatto che il fenomeno ha sul territorio nella ricerca vengono messi a confronto due indicatori: il primo calcola l’incidenza delle abitazioni affittate con contratti lunghi nel 2023 in rapporto allo stock disponibile (cioè tutte le abitazioni residenziali non destinate ad abitazione principale); il secondo fa lo stesso con le abitazioni offerte su Airbnb. Risultato: il peso delle locazioni brevi è decisamente inferiore a quello delle locazioni “tradizionali” con due sole eccezioni: Firenze e Venezia. In queste due città, poli di attrazione turistica, le locazioni brevi rappresentano una quota considerevole, 11% nel capoluogo veneto e quasi 13% in quello toscano, delle abitazioni potenzialmente affittabili: valori simili al flusso di nuove locazioni con contratto registrato. Ma la concentrazione sale ulteriormente ancora nei centri storici: in questa area a Firenze oltre il 40% delle “seconde case” è destinato alla locazione breve, a Venezia la voce supera il 20%. Nelle altre città, invece, la “quota Airbnb” si colloca tra il 3% e il 4%, con l’unica eccezione di Milano che tocca il 5,7%.
I ricavi
Un’abitazione affittata su Airbnb assicura ricavi diversi a seconda della città in cui si trova. A Bari circa 6.500 euro lordi all’anno, a Napoli poco più di 8mila euro e a Palermo circa 9mila euro. Più alti l’incasso a Bologna e a Milano (circa 12mila euro), mentre si sale ulteriormente a Roma (19.530 euro annui) e si supera quota 20mila a Firenze (23.067 con tariffa media a notte di 233 euro) per toccare il massimo a Venezia, dove con una tariffa media a notte di 250 euro (il doppio rispetto a Bari), il ricavo medio annuo per alloggio è di 26.250 euro.
Il confronto con i contratti lunghi
In alcune città il ricavo medio annuo da locazione breve è sempre più alto dei canoni medi per contratti tradizionali: accade a Bologna, Firenze, Palermo, Roma e Venezia. Non a Bari e Milano: qui il ricavo medio da affitto turistico è inferiore – seppur di poco -, ai canoni medi da locazione ordinaria di lungo periodo e transitoria. Nel capoluogo lombardo i canoni di locazione battono quelli brevi 12.869 a 11.584 (euro).
Fonte: Il Sole 24 Ore