Agevolazione prima casa con responsabilità solidale tra tutti i comproprietari

Agevolazione prima casa con responsabilità solidale tra tutti i comproprietari

I due comproprietari di un’abitazione acquistata con l’agevolazione prima casa, che decidono di venderla prima del decorso dei cinque anni dalla data del rogito (e non ricomprano un’altra casa per adibirla ad abitazione principale), rispondono in solido della decadenza dal bonus che ne consegue.

L’amministrazione finanziaria può quindi rivolgersi indifferentemente a uno dei due per il recupero dell’intera maggior imposta dovuta che consegue all’intervenuta decadenza, senza dover limitare la sua pretesa in una misura proporzionalmente riferibile alla quota di comproprietà acquistata con l’agevolazione e poi alienata prima del decorso del quinquennio (pertanto, se uno dei due risulta insolvente, l’altro ne sopporta il peso per intero). A sancirlo è la Cassazione, nell’ordinanza 2505/2024, che risulta priva di precedenti sul punto, originata da un avviso di accertamento notificato a una madre che, per la quota di comproprietà in ragione dell’uno per cento, aveva comprato un’abitazione in concorso con il figlio, il quale, a sua volta, si era intestato la restante quota di comproprietà in ragione del 99 per cento. Entrambi avevano poi venduto la casa in questione (senza ricomprarne un’altra) nel giro di un paio d’anni dalla data del contratto nel cui ambito era stata applicata l’agevolazione prima casa.

Cosa prevede la normativa

La normativa in tema di agevolazione prima casa, alla nota 4 dell’articolo 1, Tariffa parte prima allegata al Dpr 131/1986, Testo unico della legge di registro, commina, in caso di decadenza dall’agevolazione per rivendita infraquinquennale, il recupero della differenza d’imposta tra quella calcolata con l’aliquota agevolata e quella calcolata con l’aliquota ordinaria, e una sanzione amministrativa pari al 30 per cento di questa differenza.

Il recupero

L’Agenzia, così, ha rivolto l’azione di recupero sia verso la madre sia verso il figlio e la madre si era appunto lamentata di essere stata chiamata a rispondere dell’intera pretesa del Fisco e non nella misura dell’un per cento del dovuto: argomento accolto nel primo grado di giudizio (Ctp Roma 7752/47/2014) ma respinto nel grado successivo (da Ctr Lazio 743/38/2016) con una sentenza che la Cassazione, dopo più di otto anni, ha confermato (la vendita infraquinquennale, che aveva provocato la decadenza, era stata stipulata nel 2008, cosicché ci sono voluti quasi 20 anni per dipanare la vicenda).

L’orientamento della Cassazione

Il ragionamento della Cassazione a supporto della decisione prende le mosse dal dato civilistico: l’acquisto in comunione pro indiviso determina l’insorgere, a carico dei comproprietari, di obbligazioni solidali passive correlate all’acquisto stesso, con la conseguenza che la diversa caratura delle quote di comproprietà di ciascun acquirente ha rilievo solo nei loro rapporti interni e non anche per le prestazioni che devono identicamente effettuare verso un creditore come il Fisco.

Fonte: Il Sole 24 Ore