Agritech, un’alleanza necessaria con l’intelligenza collettiva

Pensiamo, ad esempio, alla Politica Agricola Comune. La Pac deve evolvere per facilitare la collaborazione tra grandi aziende e piccoli produttori, ma soprattutto deve sostenere pratiche agricole che siano rigenerative e non solo sostenibili. Non possiamo limitarci a ridurre i danni: dobbiamo promuovere un sistema che rigeneri le risorse, che valorizzi il territorio e che metta al centro le persone.

Il settore privato, in questo contesto, ha un ruolo fondamentale: non solo come motore di innovazione, ma come agente di cambiamento culturale: non possiamo più pensare che l’innovazione tecnologica sia la sola soluzione. L’innovazione deve essere accompagnata da un profondo cambiamento culturale, in cui il successo non è misurato solo in termini economici, ma anche in termini di impatto sociale e ambientale. Dobbiamo promuovere modelli di business che siano eticamente responsabili, che si basino su principi di giustizia sociale e che tengano conto della rigenerazione delle risorse naturali.

Rapporto con il territorio e le comunità

E qui entra in gioco una idea di innovazione che va oltre il modello finanziario degli unicorni, che va oltre le tecnologie dell’agricoltura di precisione. Questo modello non vede la tecnologia come un fine, ma come uno strumento al servizio della vita. La cosiddetta quarta rivoluzione industriale ha messo insieme solo una serie di tecnologie (robotica, intelligenza artificiale, manifattura additiva ed altre… ) ma di fatto non ha rivoluzionato un bel niente, riducendoci ad usare tecnologie nuove nelle solite dinamiche estrattive del passato. Dobbiamo andare oltre il 4.0, abbracciando un sistema che promuove la collaborazione tra diverse forme di intelligenza e che ci invita a ripensare il nostro rapporto con la natura, con il territorio e con le comunità, anche grazie all’innovazione e alla tecnologia. Solo abbracciando questa visione sistemica possiamo rispondere alle sfide globali, dalle crisi climatiche alle disuguaglianze sociali.

Il nostro obiettivo deve essere quello di governare la complessità, non cercare di semplificarla. E in questo il sistema cibo è la lente attraverso cui possiamo leggere e capire queste dinamiche complesse, e ci offre una guida, un modello, per indirizzare le politiche future – non solo agroalimentari – verso una convivenza più armoniosa tra umani, ecosistemi e tecnologie. Ci suggerisce una scappatoia evolutiva: Le tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale, devono diventare abilitatori di questo processo di rigenerazione, aiutandoci a prendere decisioni migliori, più informate e più giuste.

In conclusione, come sempre è stato il futuro del sistema alimentare non sarà deciso da una singola innovazione o da una singola azienda. Sarà frutto di una collaborazione collettiva, di una rete di attori che lavorano insieme, ognuno con il proprio ruolo, per costruire un sistema alimentare che sia sostenibile, giusto e resiliente.

Fonte: Il Sole 24 Ore