Alla Giudecca apre l’oasi di pace dell’Orto dei Cappuccini

Alla Giudecca apre l’oasi di pace dell’Orto dei Cappuccini

Restaurare un giardino può rivelarsi un atto dirompente, quasi rivoluzionario: può aprire nuove letture architettoniche e creare un nuovo contesto sociale e comunitario in un bene che diventa condiviso.

Come succede a Venezia, dove i frati Cappuccini della chiesa del Santissimo Redentore, alla Giudecca, aprono al pubblico, dopo cinque secoli di uso esclusivo, l’orto giardino del convento, completamente restaurato grazie all’intervento di Venice Gardens Foundation.

In Venetia Hortus Redemptoris è un progetto che ha qualcosa di sorprendente, incardinato ai principi di conoscenza, responsabilità, sostenibilità e autosufficienza, per rimettere l’uomo in dialogo con la natura e offrire alla fruizione lenta dei visitatori – residenti o turisti che siano – un angolo di paradiso, in una città soffocata dall’overtourism e dalla frenesia del “mordi e fuggi”.

Il complesso del Redentore

Il Redentore è uno dei pilastri della devozione popolare veneziana, quella chiesa che ogni anno a luglio è meta di pellegrinaggio; la Serenissima chiamò il grande Andrea Palladio a edificarla dopo la terribile peste del 1576, ex-voto dedicato al Santissimo Redentore come segno di gratitudine e rinascita della città.

Quel maestoso tempio votivo che affaccia sul canale della Giudecca custodisce alle spalle un prezioso orto giardino di un ettaro che arriva fino all’altra riva dell’isola e affaccia sulla quiete della laguna sud e sulle isolette delle Grazie, San Clemente, Sacca Sessola. L’accesso è da Calle dei Frati, a fianco della chiesa del Redentore: si costeggia un piccolo cortile con ulivi, un chiostro, e finalmente il cuore si spalanca di fronte al Compendio del giardino, con l’orto, la Cappella di meditazione, le Antiche Officine, la Serra del Convento. Un microcosmo rimasto chiuso al mondo per cinquecento anni, mantenuto dalla operosa comunità dei frati Cappuccini che, seguendo la regola francescana della santa frugalità, fino a qualche tempo fa erano quasi del tutto autosufficienti.

Fonte: Il Sole 24 Ore