Alviero Martini Spa, dagli amministratori prima relazione positiva

Alviero Martini Spa, dagli amministratori prima relazione positiva

Sono passati tre mesi dal provvedimento di amministrazione giudiziaria emesso dal Tribunale di Milano nei confronti della Alviero Martini Spa – che non avrebbe impedito casi di caporalato lungo la propria filiera di fornitura – e il caso dell’azienda, che dal 2003 fa capo alla Final di Luisa Angelini, torna in primo piano: in occasione della prima udienza davanti ai giudici Fabio Roia, Maria Gaetana Rispoli e Giulia Cucciniello della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, gli amministratori giudiziari nominati a metà gennaio hanno infatti presentato la loro prima relazione con una «previsione prognostica positiva» che fa pensare a una revoca della misura già dopo l’estate, e quindi in anticipo sui tempi che sono solitamente di 12 mesi.

La relazione degli amministratori

Marco Mistò e Ilaria Ramoni, incaricati di bonificare i rapporti tra l’azienda con sede a Milano e i fornitori che a loro volta, non essendo in grado di provvedere alla produzione, l’avevano subappaltata a laboratori-dormitorio gestiti da cinesi con «sfruttamento del lavoro», hanno evidenziato la collaborazione in questi mesi da parte della società, attraverso organi direttivi e avvocati, e hanno presentato ai giudici un cronoprogramma. Nel dettaglio, la società risolverà uno dei contratti con i fornitori cinesi della Crocolux srl, azienda di Trezzano sul Naviglio (MI) che dal 2018 è appaltatrice di Alviero Martini. Proprio da questa azienda – dove nel maggio 2023 un operaio assunto in nero, Ruman Abdul, era morto sul lavoro – era partita l’inchiesta della procura di Milano che ha portato alla misura di prevenzione nei confronti di Alviero Martini Spa. Che starebbe predisponendo il modello 231, quello responsabilità amministrativa degli enti, e una “due diligence” per il controllo sulla filiera produttiva.

Il caso analogo: Giorgio Armani Operations

Il tema del mancato controllo di una filiera “made in italy” dove si verificano quotidianamente episodi di sfruttamento del lavoro è all’origine del commissariamento di un’altra azienda del settore moda, la Giorgio Armani Operations che con un provvedimento dello stesso Tribunale di Milano è stata posta in amministrazione giudiziaria venerdi 5 aprile.Il provvedimento anche in questo caso è stato richiesto dai pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone sulla base di una serie di evidenze raccolte nell’ambito di un’inchiesta dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Milano. Inchiesta che potrebbe coinvolgere altri marchi della moda italiana, tanto che dal procuratore Fabio Roia è arrivata la proposta di istituire un tavolo sul settore moda in prefettura.

Le norme: dal Dlgs 231/2001 alla direttiva Csddd

Il tema del controllo della filiera (per le aziende di moda e non solo) è al centro del dibattito anche a Bruxelles dove  è in corso l’iter legislativo del cosiddetto Supply Chain Act (il nome tecnico è Corporate Sustainability Due Diligence Directive) che prevede che le aziende controllino e diano conto della tutela dei diritti umani nella loro catena di fornitura sulla base degli UN Guiding principles on Business and Human Rights. Il testo della direttiva, approvato dal Parlamento in un primo tempo nel dicembre 2023, è stato modificato dopo la mancata approvazione da parte del Consiglio e dovrà essere rivotato dal Parlamento nella plenaria del 22-25 marzo a Strasburgo.

In Italia esistono tuttavia già alcuni strumenti di controllo come il già citato Dlgs 231/2001 che prevede la responsabilità dell’ente per il reato dello sfruttamento del lavoro e intermediazione illecita.

Fonte: Il Sole 24 Ore