Apple cede al pressing di Trump: niente Messico, investimenti negli Usa

Apple cede al pressing di Trump: niente Messico, investimenti negli Usa

Il richiamo alla base di Donald Trump per le Big Tech si fa sentire. Stavolta tocca ad Apple, che per bocca dello stesso Trump, starebbe per compiere un cambio di strategia di investimento abbastanza netta. Il presidente americano, infatti, ha raccontato a un raduno di governatori che l’amministratore delegato di Apple, Tim Cook, gli ha promesso durante un recente incontro alla Casa Bianca che la produzione dell’azienda si sarebbe spostata dal Messico agli Stati Uniti. Cook «ha fermato due impianti in Messico» e costruirà invece i prodotti negli Stati Uniti, ha detto Trump, che nei giorni scorsi ha incontrato Cool a Washington.

Lo stesso Cook, secondo Trump, ha anche anche promesso centinaia di milioni di dollari di investimenti negli Stati Uniti. «Non vogliono rientrare nei dazi», ha spiegato il presidente USA. Anche se non è chiaro a quali impianti di produzione si riferisse Trump, dato che Foxconn Technology Group – che produce gli iPhone dell’azienda di Cupertino – ha già un’ampia presenza produttiva in Messico e ha annunciato l’intenzione di espandervi la propria presenza.

Big tech e Washington

Per il momento Apple non ha rilasciato comunicazioni ufficiali. Ma è vero che Cook è tra i leader dell’industria tecnologica che hanno cercato di coltivare una stretta relazione con il presidente dopo la sua rielezione, partecipando al suo evemto di insediamento il mese scorso e recandosi nella sua tenuta di Mar-a-Lago, in Florida, durante la transizione presidenziale.

Il fattore Cina

Il punto, del resto, è che Apple rischia di trovarsi nel mezzo a un’escalation della lotta commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina, coi dazi del 10% imposti da Trump sui beni prodotti in Cina che rappresentano una sfida per Apple. In tutto questo, la Cina – che è il principale centro di produzione di Apple – sta valutando un’indagine sulle politiche dell’azienda di Cupertino sulle tariffe applicate agli sviluppatori di app. Non proprio acque tranquille, insomma.

Fonte: Il Sole 24 Ore