Arte, design e cocktail nell’antico cuore di Tokyo

Sono 23 i quartieri speciali di Tokyo, e se è vero che non esiste un vero e proprio centro, quello di Chūō può essere considerato il cuore pulsante della capitale giapponese (ed effettivamente era proprio questo il centro quando Tokyo si chiamava ancora Edo, fino al 1868). Con sole 72 ore a disposizione per godervi la più curiosa, frenetica e verticale delle città – come è successo a noi – potrebbe essere una buona idea quella di rifugiarvi in questo distretto (suddiviso nelle zone di Nihonbashi, Kyōbashi e Tsukishima) e organizzare le giornate alla scoperta delle tante attrazioni a portata di passeggiata, rinunciando all’ambizione, pur legittima, di visitare gli altri 22.

L’esperienza al Bulgari Hotel Tokio

In quanto a ospitalità il Bulgari Hotel Tokyo, inaugurato nell’aprile dello scorso anno, è l’autentica gemma della zona. All’insegna di un lusso understated, in cui design e alto artigianato italiani si fondono con il rigore e le atmosfere propriamente orientali, l’hotel occupa i piani dal 40esimo al 45esimo del Tokyo Midtown Yaesu, un grattacielo nello Yaesu 2-Chome North District, a breve distanza dal Palazzo Imperiale e di fronte alla magnifica Stazione di Tokyo, con la sua facciata in mattoni rossi disegnata nel 1914. La vista dalle 98 stanze e suite – tra cui la Bulgari suite di 400 metri quadrati – fa comprendere le dimensioni esagerate di questa megalopoli da quasi 40 milioni di abitanti. Non rinunciate a ordinare una colazione completa in camera (italiana? Giapponese? Cinese?) con il più spettacolare dei panorami inclusi: quando l’aria è tersa si vede anche il Monte Fuji. Anche a Tokyo, come negli altri hotel della collezione, il ristorante porta la firma dello chef tre stelle Michelin Niko Romito e il menu propone classici della cucina italiana in chiave contemporanea. Ma non limitatevi all’impeccabile risotto alla Milanese con zafferano di Akaito. Qui è d’obbligo un pranzo pure da Sushi Hōseki, l’altro outlet dell’albergo che consente di provare un tradizionale percorso Omakase (letteralmente “mi affido a te”) durante il quale lo chef Takuro Shimizu sceglie e serve direttamente sul bancone (solo 8 i posti) una formidabile sequenza di bocconi. Completa l’offerta il Bar, un elegante pavillion circondato da un giardino mediterraneo (amplificato dal magnifico mosaico di Bisazza). Tra i signature cocktail, ordinate senza indugi un Sansho & Roll o un Roasted Negroni. Quando deciderete finalmente di uscire dall’hotel (non prima di aver testato anche la piscina di 25 metri e un Augustinus Bader Facial, rimedio ideale per riprendersi dalle fatiche del volo intercontinentale) potete dedicarvi, tra le tante esperienze proposte dal concierge, all’antica arte del kintsugi e celebrare così la bellezza delle imperfezioni trasformando crepe, difetti e cicatrici in caratteristiche uniche: da Utsuwa Nihonbashi Mutoh Main Store, distante pochi minuti a piedi, parteciperete a un workshop durante il quale imparerete a riparare con l’oro una ceramica rotta di Arita, città della prefettura di Saga celebre per la sua produzione, che poi potrete riportare a casa con voi.

In giro per Ginza

A proposito di souvenir: il vicino quartiere di Ginza è l’area simbolo dello shopping cittadino, con le boutique di ogni brand del lusso. Ma tra i tanti atelier da saccheggiare, sceglietene uno alternativo e irresistibilmente anacronistico: è Itoya, la cartoleria per antonomasia, dove potete acquistare un’infinità di carte artigianali, origami e preziose penne stilografiche. È arrivata l’ora del ramen, e non di uno qualsiasi: tra le versioni più celebri e gustose della città c’è quella di Chukasoba Ginza Hachigou, preparata con maestria dallo chef Yasushi Matsumura. Armatevi di pazienza e mettetevi in fila dalla mattina oppure prenotate prima della partenza: i posti al bancone sono solo sei ed è sempre tutto esaurito. Se però avete ancora voglia di sentirvi a casa, ecco l’altra proposta targata Bulgari: è il Ristorante – Luca Fantin all’interno della Torre Bulgari di Ginza. Da quindici anni lo chef trevigiano propone una cucina italianissima nel gusto e giapponese nella leggiadria, utilizzando ingredienti locali come nel caso della seppia di Kumamoto con bottarga e verza o degli spaghetti con ricci di mare di Hokkaidō (i più buoni mai assaggiati) e pomodoro. Nel quartiere non mancano eccellenti indirizzi per il bere miscelato. Per esempio, nella vivacissima food hall sotto i binari della stazione di Tokyo si trova Folklore: l’ingresso – tanto è piccolo – assomiglia ai nijiriguchi delle sale da tè. Qui però non si beve Matcha, ma gli ottimi drink firmati dalla talentuosa barlady Yukino Sato, spesso e volentieri a base sake. L’atmosfera è austera e confidenziale, il pubblico è eterogeneo, i posti sono solo otto: anche qui è bene prenotare con anticipo. Dopo uno Shōchū Martini di troppo, una passeggiata lungo la celebre Chuo-Dori, con le sue scintillanti insegne, è quello che ci vuole prima di guadagnare nuovamente la vostra camera in hotel.

Fonte: Il Sole 24 Ore