Asilo a tutte le donne afgane, le misure dei talebani sono persecuzione

Il ritorno del regime

Gli eurogiudici hanno premesso che, “dopo il ritorno del regime dei talebani in Afghanistan, la situazione delle ragazze e delle donne nel paese si è rapidamente deteriorata, al punto che si può parlare di negazione vera e propria della loro identità. Per evitare di subire detta situazione intollerabile, alcune ragazze e donne afghane fuggono dal loro paese o rifiutano di ritornarvi e vengono a cercare asilo, in particolare, nell’Unione europea”. In questa situazione, le autorità degli Stati membri sono incerte se concedere lo status di rifugiato a tali donne semplicemente in ragione del loro sesso o se ricercare individualmente la sussistenza di un rischio di persecuzioni.

La causa è servita a chiarire la situazione.

Lo stesso giudice austriaco, ha riconosciuto le gravi ripercussioni sui diritti fondamentali delle donne, dovute al ritorno dei talebani. Un regime che ha adottato numerose misure che discriminano le donne: dalla privazione di qualsiasi protezione giuridica contro le violenze di genere o domestiche al matrimonio forzato, dall’obbligo di coprirsi completamente il corpo e il volto al limitarle nell’accesso all’assistenza sanitaria e nella libertà di circolazione. Nel lungo elenco dei divieti è negato anche lo sport, come il lavoro reso impossibile o praticabile solo in misura limitata, al pari dell’accesso all’istruzione, mentre è totale l’esclusione dalla vita politica.

Le domande pregiudiziali

Partendo da queste premesse il giudice austriaco considera che le donne di nazionalità afgana appartengono a «un particolare gruppo sociale» ai sensi della direttiva 2011/95. E dunque donne che possono essere esposte in Afghanistan ad atti di persecuzione fondati sul loro sesso. La domanda di pronuncia pregiudiziale rivolta alla Corte di giustizia è dunque tesa a chiarire, da un lato, se le misure discriminatorie descritte, prese nel loro insieme, possano essere qualificate come atti di persecuzione che possono giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato. Dall’altro, si chiede agli eurogiudici, se l’autorità nazionale competente, nell’ambito della valutazione individuale della domanda di asilo di una donna di nazionalità afgana, sia tenuta a prendere in considerazione elementi diversi dalla nazionalità e dal sesso di quest’ultima.

E la Corte risponde che alcune delle misure in questione devono essere qualificate di per sé come «atti di persecuzione», perché adottate in violazione di un diritto fondamentale. È il caso del matrimonio forzato, che è assimilabile ad una forma di schiavitù, e dell’assenza di protezione contro le violenze di genere e le violenze domestiche, che costituiscono forme di trattamento inumano e degradante.

Fonte: Il Sole 24 Ore