Assaggiare alghe ed essere sommersi dai ricordi

Le madeleine in salsa giapponese per assaporare storia e prelibatezze del Sol Levante. Morishita Noriki, autrice di Ogni giorno è un buon giorno, vite del tè e dei suoi riti, torna con I miei piatti preferiti. La cucina giapponese di tutti i giorni. Il ricordo affiora a ogni assaggio, a ogni ingrediente: «quando mettiamo in bocca un cibo, allo stesso tempo, ingeriamo probabilmente anche l’umore e le impressioni di quel giorno, di quel momento. Insieme col cibo entrano dalla bocca, si depositano in profondità nel nostro corpo e, quando un giorno, incontriamo lo stesso sapore o un sapore simile, ritorniamo vividi come quando tiriamo il cordino per tenere il segno in un libro e le sue pagine si aprono davanti».

La piccola Noriki è avvolta dalle abilità culinarie della nonna e della mamma, in cui un mondo femminile e materno: sono piatti familiari, non ricette gourmet né cucina salutista. Sono i piatti che l’autrice ha raccontato mensilmente negli ultimi 15 anni nella rubrica web “Bontà ça et là” e che ora trovano unitarietà accanto alla grazia dei disegni, opera della stessa scrittrice, che rendono il volume così raffinato. In questo, giapponesissimo.

Morishita gusta il kusaya, tradizionale pesce essiccato, e sente il profumo del mare, ha «il sex appeal inquietante di un uomo della malavita, la passione ostentata di un ballerino di tango, gli sguardi obblighi di un onnagata del teatro popolare». Ricorda come la nonna la invitava a mangiare la pelle del salmone abbrustolita. Era una scia d’argento nel piatto e «il cervello mi si ribaltò con una gran capriola d’estasi» per riconoscere, nella cartina dell’America Medirionale appesa a scuola, la sagoma di un salmone. Ma il Giappone non è solo sushi e sashimi, è «il cassetto in cui si accumulano le palline del pachinko (biliardino giapponese) del continente euroasiatico», con influenze che arrivano dalla Persia e dall’India, dalla Birmania e dalla Cina, fino alle regioni artiche.

Infanzia è gustare i mochi, i dolci giapponesi, avvolti nelle foglie di ciliegio rimaste in salamoia per sei mesi. Mangiare lo yōkan di patate Funawa (il nome del produttore), dolce che il papà portava a casa di ritorno dai viaggi e amava molto, è come sentire, ora che lui non c’è più, qualcosa che si ferma e si accumula dalle parti della gola. Per poi bere un tè e sentirsi felice. Anche le alghe stufate sono madeleine potenti. In Giappone il nero è il colore dell’eleganza assoluta: i capelli neri di una bella donna, il kimono nero è il principale abbigliamento formale, le lacche nere e le alghe, che con il riso sono la colazione per eccellenza: «Ogni volta che mangio le alghe stufate con il riso appena cotto, sento la voce del mio corpo dirmi: “e’ qui, è qui”. È il sapore dei ricordi, il sapore di famiglia o il sapore della mamma». Perché ogni volta che mangiamo, non facciamo solo rifornimento di energia fisica ma costruiamo il futuro assaporando il passato.

I miei piatti preferiti
Morishita Noriko
Einaudi, pagg. 336, € 18

Fonte: Il Sole 24 Ore