Assicurazioni, sugli indennizzi decide il giudice del luogo del consumatore
Le controversie sugli indennizzi assicurativi da polizze stipulate con un consumatore rientrano nella competenza speciale del giudice del luogo di residenza o di domicilio elettivo del consumatore stesso: per determinare quale giudice debba decidere se quell’indennizzo sia dovuto o a quanto debba ammontare, si applica il Codice del consumo (Dlgs 206/2005). Anche quando, nel ricorso, chi lo presenta non abbia esplicitamente speso la propria qualità di soggetto consumatore: il sol fatto di essersene avvalso dimostra implicitamente che egli ha scelto il criterio di competenza per territorio naturalmente stabilito dal legislatore per quel tipo di contratto (il foro del consumatore), senza alcuna necessità di specificare la qualità di consumatore e senza che la mancata indicazione possa significare implicita rinuncia.
Così la Cassazione (ordinanza n. 29392 del 14 novembre 2024), in sede di regolamento di competenza, ha accolto il ricorso di un’assicurata contro la pronuncia con cui il giudice del suo luogo di residenza (Tribunale di Larino) aveva negato la propria competenza per territorio, trasferendola ai fori ordinari previsti dal Codice di procedura civile, perché riteneva quello del consumatore inapplicabile al caso di specie.
La tesi del pm
Nel giudizio in Cassazione il pm, nel dare il suo parere, aveva avallato le difese della compagnia assicurativa chiamata in causa. Non solo perché l’assicurata non si era qualificata come consumatrice, ma anche perché la controversia avrebbe avuto ad oggetto non il contratto stipulato tra la compagnia e la ricorrente (sembrerebbe una polizza danni del tipo infortuni) bensì il diritto a un risarcimento per una lesione procurata da una caduta di bicicletta.
La decisione della Corte
Quest’ultima eccezione è stata rapidamente bocciata dalla Corte, per la (piuttosto ovvia) considerazione che ogni controversia sulla liquidabilità di un dato sinistro (in base alle condizioni di polizza) riguarda un elemento strutturale del contratto, ossia il diritto di credito dell’assicurato correlato – appunto – all’obbligazione indennitaria assunta dall’assicuratore.
Più articolato è il ragionamento sull’irrilevanza della mancata qualificazione consumeristica della ricorrente. La Corte ribalta l’angolo visuale e chiarisce che il favor fori previsto dall’ articolo 33, comma 2, lettera u) del Codice del consumo («nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che… stabiliscono come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore») è previsto nell’interesse del consumatore e non sancisce una competenza inderogabile. Infatti, il consumatore stesso può rinunciarvi, se preferisce rivolgersi a uno dei fori ordinari previsti dagli articoli 19 e 20 del Codice di procedura civile (senza che nè le controparti né il giudice d’ufficio possano invocare la necessaria applicazione del foro consumeristico). Cioè la sede del convenuto (in questo caso, la compagnia, contro la quale il ricorso era stato presentato) oppure il luogo dove l’obbligazione è sorta o va soddisfatta.
Fonte: Il Sole 24 Ore