Autunno magico tra boschi e borghi della Valle dell’Ambroz

Autunno magico tra boschi e borghi della Valle dell’Ambroz

Nella Valle del Ambroz, in quell’Extremadura dove la cultura celtica e gli antichi Romani, specialmente nella cittadina di Caparra, hanno lasciato tracce indelebili, l’autunno è ammantato di magia. Si è circondati da montagne che superano i 2mila metri, come il Pinajarro, coperto di boschi di castagni saggi e centenari. La bocca viene stuzzicata dal pregiato peperoncino che cresce rigoglioso ad Aldeanueva del Camino, sulle rive del Rio Ambroz. Ed è irresistibile la tentazione di infilare almeno i piedi nelle piscine naturali di Casas del Monte e Abadía o di lasciarsi raggiungere dagli schizzi della cascata di La Chorrera, sino a calarsi con tutto il corpo nelle calde acque delle terme romane a Baños de Montemayor, utilizzate sin dal II secolo per le loro proprietà minerali e medicinali.

Itinerari in libertà

On the road o con lo zaino in spalla si parte alla volta del palazzo rinascimentale di Sotofermoso: l’antica fortezza abitata dai Templari a poca distanza dal Convento de la Bien Parada e dal ponte medievale di Abadía, poi tramutatasi in abbazia affidata ai monaci cistercensi, presenta un’architettura assolutamente originale, con il tetto ondulato e il chiostro cinto da porticati colonnati. Anche Granadilla, con il suo perimetro circolare delimitato dalla cinta di mura, suscita un grande fascino, dovuto anche alla sua fondazione per mano degli Arabi quando erano signori di Granada.

A Hervas, invece, le tradizioni ebraiche non sono mai tramontate e vengono rinnovate nelle tante celebrazioni che si tengono nel cuore del suo reticolato di strade strette, dai mattoni crudi e tetti poggianti su travi in castagno, ricoperti di tegole di origine araba: sicuramente quello settecentesco di Dávila rappresenta il palazzo più emblematico per scoprire la storia di questa cittadina che vanta ancora botteghe di artigiani della pelle ed eremi trecenteschi come quello di San Andrés e di San Antón. Nella piccola comunità montana di Segura de Toro, invece, il simbolo è il toro celtico in pietra risalente al IV secolo a.C. che capeggia al centro della piazza, testimone della civiltà pre-romana dei Vetoni, dedita all’allevamento del bestiame: quasi tutte le abitazioni sono fatte di pietra bugnata, recano fiori ai balconi in legno affacciati sulla valle che declina dal massiccio montuoso di Tras la Sierra tappezzato da quercete. Tutto il paese poggia su una dorsale di questa altura, al quale è addossato anche quel che resta di un castello templare, mentre l’interno della chiesa rinascimentale di San Juan, anch’essa originariamente una fortezza, come dimostra la sua torre, è tutto intagliato nel legno di castagno.

Verso La Garganta

Anche se la prima spruzzata di neve si fa attendere, inerpicarsi a piedi o al volante sino a La Garganta offre un itinerario romantico per il paesaggio alle falde della Sierra de Candelario, scenario naturalistico per il borgo più alto in tutta la Valle dell’Ambroz: quando aprirà la pista Covatilla, sulla Sierra de Bejar si potrà sciare, ma intanto queste sono le settimane ideali per il senderismo, l’escursionismo lungo i sentieri che si addentrano nei boschi di betulle e agrifogli, su e giù per gole spettacolari, tenendo il cannocchiale sempre a portata degli occhi per ammirare gli uccelli. Oltre alla neviera usata sino a pochi decenni fa, qui sussistono alcuni stalli in pietra dove venivano dimorati gli animali durante la transumanza. E se nella chiesa dell’Assunta si venera la Virgen del Castañar, patrona del paese, l’eremo di San Gregorio è meta di tanti pellegrinaggi. Un viaggio nella Valle del Ambroz non può prescindere, comunque, da Cáceres, dove si entra quasi scortati dalle cicogne che qui volano in ogni stagione. Le strade sono tutte acciottolate, i palazzi rinascimentali cingono Plaza Mayor. Entrando dal settecentesco Arco de la Estrella si percepisce come il tempo sembra essersi fermato sotto i suoi portici, sui quali svetta la Torre de Bujaco, che prende il nome dal califfo Abú-Ya’qub, che conquistò la città nel 1173. I palazzi Golfines de Abajo, Carvajal, Toledo-Moctezuma, insieme alla Casa de Las Veletas (in cui sono esposte opere di Picasso e Miró e si trova la seconda cisterna più grande del mondo), rendono subito intima la città, da ammirare anche dall’alto del campanile della Concattedrale di Santa María. Sarebbe un peccato, infine non cedere alle tentazioni della gola: il formaggio Torta del Casar e le migas al pane raffermo e pancetta, con un bicchiere di Ribera del Guadiana, festeggeranno l’inverno.

Fonte: Il Sole 24 Ore