Balneari, svolta nel negoziato con la Ue: Comuni obbligati alle gare entro giugno 2027

Obbligo di avviare le gare entro giugno 2027 e proroghe allungate fino al 30 settembre dello stesso anno. Ma con la facoltà di anticipare i bandi per i Comuni che intenderanno farlo. La riforma delle concessioni balneari passa per questo articolato compromesso con la Commissione europea. Dal vertice di maggioranza che si è svolto venerdì mattina sarebbe emersa una sostanziale intesa su un testo messo a punto dal governo, con il ruolo centrale del ministero degli Affari Ue, dopo il lungo negoziato con Bruxelles. E ora, a meno di ribaltoni dell’ultima ora, il riordino viaggia verso il consiglio dei ministri (possibile una convocazione martedì) all’interno del decreto legge salva-infrazioni. La consapevolezza è che un intervento è ormai improcrastinabile, in un contesto (dalle procedura di infrazione Ue alle pronunce della Corte di giustizia e del Consiglio di Stato, passando per Corte costituzionale e Antitrust) che vede la disapplicazione dell’attuale disciplina italiana sulle proroghe come un dato molto netto.

La bozza

La bozza, che include anche indennizzi con alcuni paletti ma esclude prelazioni per i concessionari uscenti, prevede innanzitutto che le concessioni già oggi in regime di proroga (la grande maggioranza) avranno una validità estesa fino al 30 settembre 2027, termine che potrà essere allungato fino al 31 marzo 2028 per ragioni oggettive di difficoltà nell’esecuzione delle gare. A ogni modo, le gare dovranno essere bandite obbligatoriamente entro il 30 giugno 2027. È una data limite ma – ed è questo il cuore del sofferto compromesso che il ministro Fitto ha portato a termine con la Commissione – non toglie ai Comuni la facoltà di anticipare le procedure, se motiveranno in modo congruo la decisione. La sottigliezza giuridica, che potrebbe risultare decisiva in sede di contenzioso con le regole Ue, sta nel fatto che si rende difficilmente attaccabile la scelta di un sindaco di sfruttare la proroga a settembre 2027: tecnicamente non si tratterebbe infatti di una proroga automatica, generalizzata e ineludibile (da sempre bocciata dalla Ue) ma di una decisione frutto di valutazioni caso per caso sulla base dell’interesse del territorio di competenza.

Le altre misure

La bozza in definizione disciplina poi diversi altri aspetti. Le nuove concessioni avranno una durata da 5 a 20 anni. Il Comune deve comunicare un’eventuale mancata suddivisione in lotti e deve essere precisato il numero massimo di quelli aggiudicabili a un solo offerente, clausola che nell’ottica della maggioranza di governo dovrebbe servire a tutelare le microimprese. Nel compromesso con la Commissione, sarebbero stati spuntati punti favorevoli alla categoria e alle Pmi del territorio sui criteri di gara. Ad esempio, saranno valutati anche la corrispondenza degli impianti alle tradizioni locali e l’offerta di servizi che valorizzano le specificità del territorio; l’esperienza tecnica e professionale in attività comparabili; essere stato titolare nei cinque anni precedenti di una concessione come prevalente fonte di reddito personale; numero di lavoratori che l’offerente si impegna ad assumere dal concessionario uscente; numero di concessioni di cui si è già titolare nel territorio concedente, penalizzando i pluri-licenziatari.

No a prelazioni per gli uscenti

Come detto, non ci saranno prelazioni per gli uscenti, punto su cui Bruxelles è stata inamovibile, mentre Fitto ha strappato quasi in modo insperato, nonostante il tradizionale  rigore dei funzionari Ue sul punto, un sì a indennizzi che saranno a carico del subentrante e non dello Stato o dell’ente concedente. Indennizzi che saranno calcolati sul valore dei beni ammortizzabili e non ancora ammortizzati e sull’equa remunerazione degli investimenti (a esito di una perizia asseverata) limitata però agli ultimi cinque anni.

Fonte: Il Sole 24 Ore