Bancari, chimici e tute blu in aula per prepararsi ai nuovi mestieri
La corsa della doppia transizione, ambientale e digitale, spinta da nuove tecnologie, intelligenza artificiale, competizione internazionale, sostenibilità & Esg trasforma le fabbriche, rivoluziona i processi a tutti i livelli tanto nella manifattura quanto nei servizi e travolge i ruoli professionali. Considerando solo l’intelligenza artificiale, secondo un paper pubblicato sul sito di Bankitalia, “Una valutazione dell’esposizione del mercato del lavoro all’intelligenza artificiale in Italia”, curato da Antonio Dalla Zuanna, Davide Dottori, Elena Gentili e Salvatore Lattanzio, dei 22 milioni di lavoratori italiani ben 15 sono esposti in misura media o elevata allo sviluppo dell’intelligenza artificiale: di questi 6 sono sostituibili. Ad essere più a rischio sono i lavoratori nei servizi ad alto valore aggiunto, a partire dalla finanza, altamente istruiti, più concentrati nel Nord del Paese e con contratti stabili, rispetto a chi svolge mansioni di basso livello, legate all’ospitalità, alla cura, all’agricoltura, ai trasporti, per fare alcuni esempi. Chimica, farmaceutica, metalmeccanica, tessile, alimentare, credito e assicurazioni si stanno preparando al cambiamento costruendo i nuovi ruoli tanto attraverso specifiche assunzioni quanto attraverso la formazione, con collaborazioni sempre più estese con tutti i soggetti.
La finanza
Tra i più coinvolti nella transizione digitale, ma anche ecologica, ci sono sicuramente i bancari, il cui mestiere travolto dai fattori Esg entrati a tutti gli effetti nei prodotti e nell’organizzazione e dalle abitudini della clientela, così come dalle molteplici app attraverso cui le persone gestiscono sempre più la loro relazione con gli istituti di credito. Questo ha portato a una contrazione degli sportelli (passati da 34.169 del 2008 a 20.162 a fine giugno, secondo i dati Abi) che riguarda non solo il nostro Paese, ma tutta l’Europa. Tutto questo accade mentre l’omnicanalità è in costante crescita e cambia profondamente l’approccio al denaro fisico della clientela. Questo ha generato un profondo cambiamento del lavoro dei bancari e l’avvio di riorganizzazioni. Secondo quanto emerge dai primi accordi sindacali siglati in UniCredit e Intesa Sanpaolo, a guidarle sono due elementi. Il primo è la formazione su cui stanno puntando tutti gli istituti allargando la platea di chi viene riqualificato, al punto che secondo i dati Abi già il 99,5% dei bancari è inserito in percorsi di formazione e si arriverà al 100%. Il secondo elemento è il ricambio generazionale e quindi le assunzioni per fare entrare nuove competenze. Dietro la filiale virtuale sta crescendo una nuova generazione di bancari nativi digitali, fatta di profili tecnologici, spesso ingegneri e informatici, esperti in cyber security, solution architect, data scientist, software engineer e functional analyst per progettare sistemi, software, servizi e prodotti sempre più all’interno degli istituti, ma anche per garantire la sicurezza della banca nello smartphone e delle filiali fisiche: in media una nuova assunzione su cinque nel settore avviene in questo ambito.
Gli esperti del clima nelle assicurazioni
Nelle compagnie assicurative si aggiunge anche il focus sul cambiamento climatico che sta portando a bordo specialisti capaci di leggere i dati meteo climatici, matematici, fisici, che si affiancano alle figure più ricercate tradizionalmente. Nel mondo assicurativo tecnologia e persone sono le due facce inseparabili di un cambiamento che intreccia digitale, intelligenza artificiale, rischio climatico. Generali, che in Italia in questi anni ha investito 400 milioni di euro in innovazione, guarda al futuro attraverso il ricambio generazionale e la formazione. Ma anche con team specializzati: uno di circa 100 persone si occupa di advanced analytics e uno di 20 persone di smart process automation. Sulle competenze legate al cambiamento climatico è stato creato il Climate Change Lab focalizzato su iniziative di sensibilizzazione e prevenzione dei rischi e sull’utilizzo di tecnologie sofisticate per l’innovazione di prodotto, ma anche su percorsi di re-skilling. Quest’anno nel nostro Paese la compagnia ha inserito già 400 persone, oltre un terzo con forti competenze digitali: specialisti di Advanced Analytics, Information Technology, Cloud Architecture, Cyber Security, Smart Process Automation e Insurtech. Come primo assicuratore del Paese Generali investe anche su profili più tradizionali, attuari, ispettori tecnici, specialisti nell’assunzione rischi, processi liquidativi e sviluppo dei canali distributivi. In tutti i casi il faro è l’equilibrio di genere, con l’impegno a ridurre a zero il pay gap e a migliorare la quota di donne in posizioni di responsabilità e tra i manager.
Competenze ibride
In generale c’è la necessità di dover puntare su competenze sempre più “ibride”, a cominciare dalla manifattura. «Negli impianti si lavora ormai su automazione e dati – ci racconta Micaela Di Giusto, responsabile gestione e sviluppo risorse umane del Gruppo Pittini, azienda leader nel settore dell’acciaio -. Tutti i sistemi informativi aziendali sono integrati e rispondono alla logica della business intelligence: abbiamo quindi bisogno di ingegneri, specialisti Sap e periti con competenze specifiche nell’utilizzo della Power BI. L’attuale mismatch di competenze non riguarda però solo le professionalità del futuro». Il vero paradosso è che i profili “introvabili” sono spesso i manutentori elettrici e meccanici, i tubisti saldatori, i softwaristi e i programmatori PLC. Del resto, come emerge anche dall’ultima indagine di Federmeccanica, la carenza di forza lavoro qualificata è un problema giudicato importante dal 62% delle imprese intervistate. «Mancano profili professionali essenziali per lo svolgimento dell’attività aziendale – ha spiegato Sabrina De Santis, direttrice Education and Training di Federmeccanica -. Si va dalla carenza di profili tecnici di base e tradizionali a quella di competenze tecnologiche avanzate e di soft skills. È quindi necessario affrontare il tema a 360°».
L’economia dello spazio integra ingegneri e tecnici
«Siamo partiti nel 2008 e oggi siamo in più di 200. Entro il prossimo anno assumeremo altre 100 risorse. La gran parte di queste figure professionali arrivano dall’Its Meccatronica aerospazio Piemonte», ci racconta David Avino, fondatore e Ceo di Argotec, azienda a capitale interamente tricolore operante nel settore dell’aerospazio, oggi rappresenta una delle due imprese italiane a far volare satelliti nello spazio interamente costruiti nel nostro Paese. La casa madre è a Torino. Argotec è presente anche negli Stati Uniti, in Florida, con un gruppo di quasi tutti ingegneri, e in Germania, a Colonia, dove si collabora con la Nasa, c’è l’area medica e si addestrano gli astronauti. «Siamo passati dal produrre due satelliti l’anno a una produzione di larga scala – prosegue Avino -. Per questo accanto agli ingegneri stiamo inserendo sempre più neo diplomati degli Istituti tecnologici superiori, che sono stati una scoperta incredibile. La formazione tecnica superiore è di assoluta qualità, e questi ragazzi si integrano perfettamente con gli ingegneri mostrando capacità tecniche e manuali molto elevate. Per la nostra azienda la formazione offerta dagli Its Academy è fondamentale».
Fonte: Il Sole 24 Ore