Banda larga, va deserta gara 5G da 1 miliardo con fondi del Pnrr

Banda larga, va deserta gara 5G da 1 miliardo con fondi del Pnrr

Insostenibile il piano di investimento perfino con un contributo pubblico che può arrivare al 90 per cento. Va deserta una delle due gare per le reti 5G finanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): nessuna offerta è pervenuta per i sei lotti entro la data limite del 9 maggio. Si tratta della procedura bandita da Infratel, la società in-house del ministero dello Sviluppo economico, per coprire con il servizio di telefonia 5G le aree “a fallimento di mercato”: valore massimo del contributo 974 milioni di euro, per sussidiare fino al 90% degli investimenti privati.

Gli operatori di tlc hanno abbandonato l’idea di partecipare dopo aver elaborato una serie di simulazioni sul piano economico dell’operazione, che si è presentata troppo impegnativa per andare a coprire zone del paese ampiamente periferiche, da cui sarebbe stato difficile far scaturire ricavi e profitti in grado di bilanciare i costi, considerato anche l’obbligo di aprire l’infrastruttura all’ingrosso.

Il peso dei costi operativi

In linea con le regole Ue, l’incentivo statale del resto avrebbe coperto, fino al 90%, la parte Capex ma nelle valutazioni degli operatori ha pesato fortemente la componente Opex, l’insieme dei costi operativi. Il bando chiedeva di arrivare in zone residuali, che non rientrano negli obblighi di copertura scaturiti nel 2018 dall’assegnazione delle licenze 5G. Proprio la richiesta di rateazione dell’onere in scadenza a settembre 2022, circa 4,8 miliardi, che grava su Tim, Vodafone, WindTre e Iliad come rata per la gara di quattro anni fa è un’altra partita aperta con il governo, anche se non ha inciso sulle mancate offerte.

Il ministero dell’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, che coordina la strategia per la banda ultralarga finanziata con il Pnrr, ritiene di aver messo sul piatto delle condizioni favorevoli, dopo aver spuntato con la Commissione europea un limite per l’incentivo pubblico estremamente alto (il 90% appunto).

Il rebus delle alternative

Ora il ministero dovrebbe avviare interlocuzioni con la Commissione europea per verificare la possibilità di spostare le risorse non utilizzate su altri progetti o finalità, ma c’è anche la possibilità che i fondi Pnrr inutilizzati restino a quel punto nella disponibilità della Ue.

Fonte: Il Sole 24 Ore