Bastano i messaggi WhatsApp per provare di avere un credito
Il decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace di Avellino irrobustisce un nuovo indirizzo giurisprudenziale sempre più rivolto ai mezzi di prova informatici (Giudice di pace di Latina 2399/2021, Tribunale di Milano 6935/2021, Tribunale di Ravenna 231/2017, per i quali la stampa dei messaggi WhatsApp attestanti l’esistenza di un credito è prova idonea per l’accoglimento di un ricorso per decreto ingiuntivo).
Il creditore aveva svolto lezioni private di matematica. La madre del ragazzino, dopo aver concordato e corrisposto a rate una parte dell’importo, rimaneva debitrice di una somma residua. A nulla erano valsi i solleciti tramite messaggi WhatsApp a pagare, anche in forma rateizzata, la differenza. Dal tenore dei numerosi messaggi rassicurativi trasmessi dalla debitrice in risposta alle sollecitazioni del docente, emergeva con chiarezza l’obbligazione di pagamento residua tant’è che gli scritti configurano una vera e propria promessa di pagamento e ricognizione di debito (articolo 1988, Codice civile), ragion per cui il creditore è dispensato dal dimostrare il rapporto fondamentale.
Lezioni di matematica
Il creditore ricorreva al giudice producendo la stampa del traffico messaggistico intercorso su WhatsApp con la debitrice. Il decidente irpino, ritenendo provato il credito in base allo scambio di corrispondenza digitale, concedeva il decreto ingiuntivo in favore del docente. Poiché i messaggi WhatsApp integrano promesse unilaterali per scrittura privata, il ricorrente aveva posto l’accento sulla idoneità di tali mezzi informatici i quanto equiparati alla tradizionale scrittura privata.
Dai messaggi scambiati fra il creditore e la debitrice emergeva chiaramente l’esistenza di un rapporto economico e del relativo obbligo di pagamento. Pertanto, il decidente irpino ha concesso la tutela monitoria al ricorrente sulla base delle trascrizioni dei messaggi le quali, sebbene costituiscano idonea prova scritta del credito, tuttavia non possono fondare la richiesta di concessione della provvisoria esecutorietà.
«Prove documentali»
Il messaggio WhatsApp rientra nel novero delle prove documentali conosciute dall’ordinamento tramite una sua qualificazione nei termini di riproduzione informatica. Tale messaggistica, integrante prova documentale, è stata ritenuta idonea prova scritta ai fini della concessione del decreto ingiuntivo laddove recante la ricognizione del debito effettuata dal debitore in favore del creditore. L’articolo 2712, Codice civile prevede che le riproduzioni informatiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova. Ed è proprio la dicitura «ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose» a condurre ad una interpretazione estensiva della norma fino a comprendervi ogni nuova forma di rappresentazione dei fatti tra cui, per l’appunto, i messaggi WhatsApp.
Fonte: Il Sole 24 Ore