Berco riapre il licenziamento collettivo per 247 dipendenti

Berco riapre il licenziamento collettivo per 247 dipendenti

Saranno i 247 tagli di organici annunciati da Berco, dopo il fallito tentativo di trovare 480 volontari per l’esodo incentivato (solo 153 si sono candidati), ad aprire la discussione del tavolo di crisi riconvocato per il prossimo 13 febbraio al Mimit. «Vanno coinvolti subito i vertici della proprietà, la multinazionale tedesca ThyssenKrupp», è la richiesta formale messa nero su bianco dalla Regione Emilia-Romagna in una lettera inviata nella mattina di sabato 8 febbraio 2025 al ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso e firmata dall’assessore regionale al Lavoro, Giovanni Paglia.

Insistono su Copparo (Ferrara) oltre 1.200 lavoratori dei 1.400 che il gruppo Berco ha in Italia – marchio secolare leader globale nella produzione di sottocarri per macchine movimento terra, che ha anche un sito minore a Castelfranco Veneto, Treviso – per i quali lo scorso 5 novembre è stato aperto un tavolo a Palazzo Piacentini a Roma, dopo l’annunciata volontà dell’azienda di procedere al licenziamento di 480 persone e alla disdetta del contratto integrativo. C’è più di qualcosa che non torna, sottolinea l’assessore Paglia, perché «la disdetta unilaterale del contratto e l’apertura, ieri sera (venerdì 7 febbraio 2025, ndr), della procedura di licenziamento collettivo cozzano con la volontà espressa da Berco di favorire il dialogo tra le parti sociali per individuare un percorso che scongiurasse effetti sociali drammatici e permettesse di gestire una fase complessa di mercato».

La “difesa” dei vertici aziendali

Il nodo della questione è che il management di Berco non ha fornito in questi tre mesi alcun elemento di chiarezza sulle prospettive industriali, trincerandosi dietro a dichiarazioni di difficoltà di mercato e aumento dei costi che imponevano un ridimensionamento. «L’avvio della procedura di licenziamento collettivo in base alla normativa vigente, già comunicata con largo anticipo a istituzioni e sindacati qualora le iniziative concordate (uscite volontarie, ndr) non avessero raggiunto gli obiettivi di risanamento, si rende necessaria per garantire la sostenibilità a lungo termine dell’azienda», ribadisce la nota diramata dall’azienda, in cui si ripete che «Berco sta affrontando una significativa crisi strutturale del mercato e l’obiettivo primario è quello di assicurare la permanenza in Italia e recuperare competitività rispetto a uno strutturale incremento dei costi energetici e a una perdita di fatturato prodotto nei territori interessati dalle guerre». Un obiettivo che per essere raggiunto «richiede decisioni difficili ma necessarie».

I sindacati sul piede di guerra

«La misura è colma!» attaccano le tre sigle confederali, che in un comunicato congiunto chiedono a loro volta che sia la casa madre ThyssenKrupp a mettere la faccia su «azioni unilaterali che hanno il sapore del ricatto nei confronti dei lavoratori per discutere del futuro dell’azienda». Fim, Fiom e Uilm accusano Berco di inaffidabilità: «È paradossale che l’unica mediazione sulle uscite volontarie si sia ottenuta con un “commissariamento” delle relazioni da parte del Mimit», aggiungono i sindacati e preannunciano ogni possibile forma di mobilitazione, in azienda, a Roma o a Duisburg, in assenza di una svolta nell’incontro del 13 febbraio prossimo a Roma.

I numeri della crisi

Al di là del gioco delle parti e delle precisazioni, che Berco non omette nella nota ufficiale, relative alla volontà aziendale di «continuare a gestire questo processo in modo socialmente responsabile e all’impegno nei confronti della forza lavoro», ciò che è evidente a sindacati e istituzioni è che il ridimensionamento di Berco – il gruppo meccanico più importante del Ferrarese per bacino occupazionale e indotto – rischia di innescare una crisi profondissima in un territorio già fragile e in un contesto di difficoltà generalizzate del comparto industriale. Negli ultimi dieci anni i bilanci di Berco hanno già visto calare drasticamente gli addetti (-30% tra 2014 e 2023) non fatturati o marginalità e in attesa del consuntivo 2024 è la stessa azienda a certificare che sia margini operativi (Ebit ed Ebitda) sia utile sono stati ampiamente positivi nelle tre annualità 2021-2023, dopo i buchi del settennio precedente e un radicale processo di ristrutturazione e riqualificazione di prodotti e processi avviato già nel 2017. Berco (un secolo di vita festeggiato nel 1920) ha a Copparo il più grande stabilimento di forgia al mondo con macchinari unici da 32mila tonnellate ed esporta oltre il 90% di sottocarri e componenti “made in Italy”, all’interno di una cittadella industriale di 600mila mq (di cui 350mila coperti) che a girarla tutta a piedi occorre più di un’ora (ha un perimetro di 6,5 chilometri).

Fonte: Il Sole 24 Ore