Biennale Arte Venezia, Koyo Kouoh tra sguardo globale, radici in Africa e soft power dell’arte

Biennale Arte Venezia, Koyo Kouoh tra sguardo globale, radici in Africa e soft power dell’arte

Koyo Kouoh (1967) è un volto noto ma anche innovativo ed è un sollievo che sia stata nominata curatrice della prossima Biennale Arte a Venezia: si è temuto che Pierangelo Buttafuoco, presidente alla sua prima scelta in quest’ambito, fosse disorientato. E invece no.

Koyo Kouoh viene da studi di economia fatti a Zurigo, la città dove si erano trasferiti i suoi genitori dal Camerun. Dopo un avvio di carriera in banca e il primo figlio, ha deciso di ritornare in Africa dove ha visto un futuro da sviluppare e non da subire. Divenuta curatrice d’arte dopo un esordio in banca, si è distinta per attivismo a Dakar, dove nel 2008 ha fondato il Raw material company: una struttura inedita per il continente, composta da una sede espositiva, residenze d’arista e una scuola.

Kouoh già direttrice dello Zeit museum of contemporary art a Cape Town

Ha poi lasciato questa sua creatura nel 2019 per andare a dirigere il più grande museo del continente, lo Zeit museum of contemporary art a Cape Town. Questi due ruoli e un’intensa attività di curatrice indipendente l’anno condotta a far parte dal 2014 al 2022 della top-hundred di «Art Review», la più credibile del sistema dell’arte globalizzato. Conosce almeno cinque lingue, ha viaggiato in tutto il mondo e lavora da sempre sull’idea di integrazione sociale, razziale, culturale e su un’idea che si sposa bene con la Biennale, il softpower dell’arte nel prodursi in operazioni di diplomazia culturale.

Nel 2015 Okwui Enwezor curò la Biennale Arte

La sua nomina si inquadra in una continuità che parte almeno dal 2015, ai tempi in cui lo stesso ruolo lo ebbe il nigeriano Okwui Enwezor. Fa riflettere che molti tra i curatori delle ultime edizioni, inclusa l’italiana Cecilia Alemani (nel 2022), abbiano in comune un distacco dalle proprie radici ed eventualmente un ritorno, come se per comprendere la nuova idea di identità sia necessario non rimanere fermi. Potrebbe esserci, nella nomina, anche un occhio di riguardo per il movimento Black lives matter, ciò che negli Stati Uniti è sempre più importante nei musei come negli atenei.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore