Bioeconomia circolare motore per il Sud, ma il Pnrr la ignora
La bioeconomia circolare ha un enorme potenziale e può rappresentare una leva importante di sviluppo per il Mezzogiorno e per l’Italia. A patto, però, che sia sostenuta da una vera politica industriale e da strategie di incentivazione mirate in assenza di fondi riservati data l’esclusione di questo capitolo dal Piano di ripresa e resilienza. È questo il messaggio emerso ieri all’Università Luiss di Roma nel corso della presentazione, moderata dal vicedirettore del Sole 24 Ore, Alberto Orioli, del volume “L’evoluzione della bioeconomia circolare. Un motore per lo sviluppo industriale dell’Italia e del Mezzogiorno”, curato da Luca Bianchi, Cesare Imbriani, Amedeo Lepore e Stefano Palermo per la collana della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) ed edito da Il Mulino.
Manzocchi: nel settore l’Italia possiede una serie di primati
«Nel settore della bioeconomia il nostro Paese possiede una serie di primati», spiega il prorettore per la ricerca della Luiss, Stefano Manzocchi, che pone l’accento sia sul contributo, in termini di fatturato industriale, di questo filone al Sud sia sull’esigenza di fare formazione. «Su alcuni fronti, come le competenze digitali, non abbiamo fatto benissimo. E anche su quelle collegate alla transizione energetica si poteva fare meglio».
Grassi: la bioeconomia assente dal Pnrr
Insomma, occorre agire su più leve. Consapevoli che la bioeconomia, come rileva sia il rapporto curato da Intesa Sanpaolo e citato nel volume, sia l’indagine presentata nelle scorse settimane da Svimez e Centro Studi Tagliacarne, rappresenta un metasettore estremamente rilevante per l’economia italiana. Lo ricorda in modo molto chiaro Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria, quando evidenzia che l’83% della bioeconomia si traduce in export per il Made in Italy e il 60% delle imprese che vi fanno parte ha investito o investirà in tecnologie 4.0. Tuttavia, rimarca Grassi, nonostante il peso strategico, «la bioeconomia non c’è nel Pnrr ed è finanziata dai fondi di sviluppo e coesione».
Gubitosi: serve attività di sensibilizzazione
Un’assenza non da poco che, osserva anche Luigi Gubitosi, presidente dell’ateneo romano, «è una dicotomia importante. Si è persa un’opportunità». Ma attenzione, avverte Gubitosi, perché questa leva di sviluppo rischia di rimanere sulla carta senza un’attenta attività di sensibilizzazione, che deve riguardare anche i decisori politici.
Settore resiliente e strategico per il Paese
L’Italia rappresenta, quindi, con le sue caratteristiche, un naturale hub per la bioeconomia circolare, ragiona uno dei curatori del volume Amedeo Lepore, docente di Storia economica alla Luiss. E il settore, gli fa eco, Mario Bonaccorso, direttore del Cluster italiano della Bioeconomia circolare Spring, «si è dimostrato anche molto resiliente avendo recuperato prima di altri i valori del pre Covid».
Fonte: Il Sole 24 Ore