Bioplastica, l’industria in allarme: «Ricavi a rischio a causa della concorrenza sleale»

In principio c’è la Sup (single plastic use), la direttiva europea nata per limitare la plastica monuso entrata in vigore nel 2019: da allora sono bandite cannucce, aste per palloncini, posate, ma anche piatti e contenitori per alimenti in polistirene espanso. Ammessi invece i prodotti compostabili, verso i quali molte aziende della filiera italiana si rivolgono con investimenti importanti e conversione della produzione: i volumi (e i fatturati) infatti crescono fino al 2023, anno di un brusco stop.

Sull’ultimo rapporto sulla filiera italiana delle bioplastiche compostabili, promosso da Assobioplastiche, Biorepack e Cic, e stilato da Plastic Consult, si legge che il fatturato del settore, dopo il record 2022 (1,16 miliardi di euro), è sceso a 828 milioni (-29,1%), sull’onda della forte flessione registrata dai listini, mentre i volumi complessivi dei manufatti prodotti hanno toccato le 120.900 tonnellate (-5,5% sul 2022), con le maggiori difficoltà incontrate proprio dal comparto monouso che ha registrato un calo del 20%: «Dopo una grande crescita per cui siamo passati dalle 3mila tonnellate del 2018 a toccare le 24-25mila nel 2022, nel 2023 siamo scesi sotto le 20mila e il trend per il 2024 si conferma in riduzione, con una contrazione media del 10-15%», spiega il presidente di Assobioplastiche Luca Bianconi.

Lo “pseudo-riutilizzabile”

Che cosa è successo? Il mercato italiano è stato schiacciato dalla concorrenza sleale dello “pseudo-riutilizzabile” e dalle importazioni di manufatti compostabili dal Far East, come piatti in polpa di cellulosa che fanno sorgere dubbi anche sulla sicurezza nel contatto con alimenti. «Il decreto legislativo 196/2021 con cui l’Italia ha recepito la Sup non ha indicato una definizione di “riutilizzabile” creando una zona grigia in cui è ricomparso il monouso». «È tornato sotto forma di stoviglie riutilizzabili, lavabili, ma che nessuno lava e anzi butta dopo l’uso. Non ci sono controlli su questo e il recente Ppwr (regolamento europeo sugli imballaggi, ndr) non porta chiarezza», testimonia Armido Marana, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega alla sostenibilità e all’economia circolare e ad di Ecozema, azienda di Santorso (Vicenza) da una decina di milioni di fatturato che produce posate, stoviglie, shopper, bicchieri in plastica monouso compostabili, con focus sulla ristorazione collettiva: «Abbiamo aggiunto nella nostra azienda una macchina che realizza piatti in carta con il rivestimento in bioplastica compostabile: in questo momento, con il ritorno dell’usa e getta in plastica falsamente riutilizzabile, è tuttavia un prodotto che non si riesce a vendere. Le aziende italiane si stanno convertendo a importare prodotti dall’Asia al posto di produrli, effetto di una legge malfatta e di mancanza di controlli». Il fenomeno blocca anche l’innovazione. Marana osserva una riduzione di fatturato del 15% nel 2023 e un «forte calo» previsto nel 2024; nell’azienda da ieri è attiva la cassa integrazione un giorno alla settimana fino a fine novembre.

La cassa integrazione

Marco Perini, legale rappresentante della C.P.B. Componenti Plastici Biodegradabili di Entratico (Bergamo), che commercializza con il marchio Usobio posate e stoviglie compostabili, conferma l’andamento negativo: per l’azienda i ricavi, intorno ai 14 milioni nel 2022, sono scesi del 30%, come pure è diminuito il numero di lavoratori, anche con lo strumento della cassa integrazione. «Nel 2023 si è avvertito in modo devastante il ritorno sul mercato di prodotti in plastica tradizionale, ora definiti “riutilizzabili” anche se non progettati per esserlo e con prezzi più bassi. Mentre noi ci ritroviamo con marginalità schiacciate e volumi persi. Chi vuole stare ai principi della direttiva europea, chi aveva investito per rifornire un comparto, quello del compostabile, che prima non c’era, viene messo fuori mercato da prodotti che ingannano il consumatore e l’ambiente. Chiediamo chiarezza, parametri per definire che cosa è riutilizzabile in base all’effettività dell’uso. Abbiamo bisogno di risposte immediate».

Il tavolo al Ministero

«Abbiamo presentato la proposta controlli semplificati e di definire ciò che è effettivamente riutilizzabile, lavorando su pesi e dimensioni», spiega il presidente di Assobioplastiche Bianconi: «È stato inoltre stabilito un tavolo di lavoro con la viceministra dell’ambiente Vannia Gava, ci aspettiamo che venga convocato ora dopo l’estate».

Fonte: Il Sole 24 Ore