Bruno Forte: «A Gaza serviranno decenni per ricostruire un rapporto di convivenza»

Bruno Forte: «A Gaza serviranno decenni per ricostruire un rapporto di convivenza»

«Siamo in una stagione della storia per certi aspetti ancora più drammatica di quella seguita alla Seconda Guerra Mondiale, oggi accanto al desiderio di una pace giusta c’è anche, purtroppo, uno spirito di vendetta»: a dirlo è monsignor Bruno Forte, teologo e arcivescovo di Chieti-Vasto, commentando lo scenario internazionale segnato dal conflitto mediorientale e da quello ucraino. Nel colloquio con Radio 24 e Il Sole 24 Ore Forte, a pochi giorni dall’avvio del Giubileo, ricorda anche come si stia realizzando quello che il Papa, tra pochi, aveva intuito

Il Giubileo sta per cominciare. Cosa si attende?

Mi aspetterei quello che il Papa si è augurato e cioè una ritrovata speranza, perché è quello che oggi soprattutto manca di fronte agli scenari di violenza, di guerra, di sopraffazione che abbiamo intorno a noi e che non ci saremmo aspettati solo qualche anno fa. Dobbiamo sperare in un cambiamento, in una ripresa di umanità che dia rispetto ai più deboli, ai più poveri, ma dia anche a tutti la possibilità di esprimersi nella libertà, nella reciproca accoglienza, nella condivisione

Il Giubileo si inaugura con l’apertura della Porta Santa di San Pietro. In questo momento c’è bisogno di aprire porte, di costruire ponti e non muri? 

Credo che sia un’esigenza profonda nel cuore di tutti. Dopo decenni in cui sembrava che l’Europa avesse trovato un certo equilibrio, anche nel cammino verso una sempre più efficace Unione Europea, ci siamo ritrovati la guerra in casa. La maggior parte di noi non se lo aspettava. Il Papa però l’aveva un po’ profetizzato, tenendo il polso di tutto il mondo, aveva parlato di una guerra mondiale a pezzi. Ahimè, quello che egli aveva intuito si è andato realizzando. È certamente qualcosa di traumatico, ma proprio per questo abbiamo bisogno adesso di impegnarci tutti. Questa è la speranza, la volontà di un bene possibile, arduo, ma realizzabile. È quello che tutti, soprattutto i responsabili delle nazioni in Europa e non solo, sono chiamati a fare

Fonte: Il Sole 24 Ore