Bruno Pizzul, ritratto sentimentale del telecronista che gridava: «Attenzione!»

Bruno Pizzul, ritratto sentimentale del telecronista che gridava: «Attenzione!»

Attenzione! Per arrivare puntuali all’appuntamento col destino ci vuole tanta, troppa fortuna. I più arrivano in ritardo, altri in anticipo. Altri ancora sono così eccezionali da arrivarci sia in ritardo che in anticipo: prendete per esempio Bruno Pizzul, morto a tre giorni dal suo 87esimo compleanno. Fu difensore e centrocampista da un metro e 93, nell’epoca in cui l’altezza per chi giocava a calcio era una curiosa anomalia. Nel calcio di oggi, per stare in mezzo al campo, l’altezza è diventata una specie di pre-requisito. Fu il telecronista ufficiale della Rai per le partite della Nazionale italiana di calcio dal 1986 al 2002. Troppo tardi per gridare tre volte «campioni del mondo» nella notte del Bernabeu come fece Nando Martellini, troppo presto per andare a Berlino a prendersi la coppa, come faranno Fabio Caressa e Marco Civoli.

Un calcio «raccontato» più colto, eppure più semplice

Eppure il «Brunone» è stato iconico, un po’ per quell’aria sorniona da gentiluomo del Nordest che lo rendeva naturalmente simpatico, un po’ perché ultimo vero esponente di quel racconto «letterario» del calcio giocato nato sulla carta stampata e affermatosi in radio. Roba romantica, lontana dai tecnicismi delle ripartenze e del fuorigioco a palla coperta propinatici dalle pay Tv. In bocca a lui, il pallone era senza dubbio più colto, eppure più semplice.

La «canna di zucchero» che marcò Sivori

Friulano di Cormons, piccolo centro del Collio goriziano, conterraneo di gente come Rocco, Bearzot e Capello, era quasi naturale che s’intendesse di calcio e vini bianchi. Al primo dedicò presto le sue giornate, ai secondi le serate con gli amici. Fu calciatore prima dilettante, con la Cormonese, squadra della sua cittadina, poi passando dal Pro Gorizia approdò al professionismo e, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, centrò una storica promozione in Serie A con il Catania di Mister Di Bella.

Sono gli anni del «Clamoroso al Cibali!» e Pizzul, alto e magro tanto da essere soprannominato «canna da zucchero», si toglie la soddisfazione di marcare Omar Sivori in un’amichevole con la Juventus. Marcare per modo di dire: le foto dell’epoca mostrano «El Gran Zurdo» in fuga e Brunone dietro a rincorrere. Col calcio giocato passa pure per Ischia, Udinese e Torres, ma il ginocchio fa i capricci e il destino del Brunone dal prato di gioco si sposta in tribuna stampa, con le cuffie calate sulle orecchie. Dal calcio giocato al calcio raccontato.

L’approdo in Rai

Laureato in giurisprudenza, nel 1969 vince infatti il concorso in Rai e si ritrova di nuovo a «marcare» i giocatori bianconeri, stavolta per la telecronaca di Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia 1969-1970 disputato a Como. Ancora una volta il suo destino è rincorrere: le cronache narrano che Pizzul arrivò con un quarto d’ora di ritardo, ma con un po’ di mestiere seppe rimediare, essendo la trasmissione in differita. Fu sua, nel maggio 1985, la telecronaca della tragedia dell’Heysel . E non mancarono le polemiche per quella «giornata radiosa per il calcio italiano» che Pizzul si lasciò scappare a proposito della Coppa dei Campioni vinta della Juventus. Il suo primo mondiale come primo microfono di Mamma Rai sarà Mexico ’86: subentra a Martellini che, a causa dell’altitudine, avverte un malore ed è costretto a rientrare in Italia.

Fonte: Il Sole 24 Ore