Calcio, in crescita l’interesse del private equity
Un asset capace di generare ogni anno un giro d’affari da quasi 30 miliardi di euro. Con l’Italia a ricoprire un ruolo da protagonista: quarta in termini di fatturato (5 miliardi) dietro Inghilterra, Germania e Spagna, con un impatto sul Pil superiore agli 11 miliardi e quasi 130mila persone impiegate nel settore. Ma soprattutto con un appeal crescente nei confronti di investitori finanziari e capitali dall’estero. Non a caso le squadre con proprietà estera in Serie A sono passate dall’essere il 10% del totale nel 2013 al 35% di oggi.
Sono alcuni dei numeri emersi dall’incontro organizzato presso lo Studio Legance, a Milano, nel corso del quale è stato presentato il lavoro di Aifi (l’associazione italiana del private equity, venture capital e private debt) – con il supporto di Fineurop Soditic e di Legance – che ha fotografato il legame fra il mondo del calcio e quello della finanza alternativa. «Mondi fino a qualche tempo fa considerati lontani, ma fra i quali invece c’è una grande interconnessione», ha osservato Innocenzo Cipolletta, presidente Aifi.
In Italia «l’interesse degli investitori – ha commentato Marco Gubitosi, partner dello Studio Legance che insieme con Filippo Troisi, altro partner, ha introdotto l’incontro – si è concentrato, in linea con le tendenze europee, sui cosiddetti premium assets della Serie A sia maschile sia femminile. Stiamo parlando di club virtuosi dal punto di vista Esg, con flussi di cassa stabili derivanti perlopiù dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi, dai contratti di sponsorizzazione, dalla pubblicità, dal merchandising e dalle entrate generate dalle partite “casalinghe”, che, come evidenziato dalla ricerca Aifi, costituiscono le principali voci di ricavo di tali società».
Le quali ormai – parlando delle società maggiori – si stanno ritagliando il ruolo di vere e proprie media company, è stato detto nel corso della tavola rotonda cui hanno partecipato Alessandro Antonello (ad Inter), Luca Bassi (componente Cda Atalanta), Stefano Campoccia (vicepresidente Udinese), Stefano Cocirio (cfo Milan) e Roberto Spada (presidente del collegio sindacale Juventus) . Gli investitori finanziari «hanno gradualmente aumentato la loro presenza nel capitale dei club, conferendo al calcio un maggior spessore istituzionale» ha poi affermato Eugenio Morpurgo, ad di Fineurop Soditic.
Aifi ha esaminato la governance delle squadre protagoniste dei cinque principali campionati europei, – Premier League, Bundesliga, Liga, Serie A e Ligue 1 – per un totale di 96 squadre. Dall’analisi emerge che attualmente oltre una squadra su quattro (27%) ha come azionista di maggioranza un investitore finanziario, fra operatori tradizionali di private equity, ma anche fondi sovrani e club deal. Nel dettaglio, il 13% delle squadre è detenuto da fondi tradizionali, l’8% da club deal, il 6% da fondi sovrani, mentre il restante 73% fa riferimento a investitori individuali, soggetti industriali e, con specifico riferimento ai campionati tedesco e spagnolo, ad associazioni di tifosi. Solo cinque le società quotate invece (in Italia Lazio e Juventus). Questo aspetto, unito ai delisting degli ultimi anni (come per la Roma) e al 2012 come ultimo anno per una quotazione, testimoniano come l’Ipo non sembri rappresentare uno strumento più di tanto adatto al mondo calcistico.
Fonte: Il Sole 24 Ore