Calcio serie A: il Milan resta agganciato alla vetta, per l’Inter il bicchiere è mezzo vuoto

Che bel derby! All’ultimo respiro. Senza tregua. Ne avevamo bisogno. Finalmente col calore del pubblico. Con i fischi e con gli applausi. Con i cori e gli striscioni della curve e quell’adrenalina da Milan-Inter che si respira solo quando San Siro ribolle di tifo e di passione. Non “Eravamo in centomila” come diceva Celentano negli Anni Sessanta, ma 57mila che urlano e cantano sono sempre un bel ritorno alla vita dopo 91 settimane di pandemia che avevano anestetizzato la supersfida di Milano. Struggente anche la coreografia della curva rossonera dedicata a medici e infermieri impegnati nella lotta al covid.

Questa volta, anche se finisce 1-1 (rigore di Calhanoglu al’11’, autorete di de Vrij al 18′), è un derby vero, sanguigno, tirato fino ai titoli di coda anche se tutto succede nei primi 45 minuti. Dopo il pareggio del Milan, Lautaro, ancora su rigore, avrebbe avuto la possibilità di riportare in vantaggio l’Inter. Ma nei derby succedono sempre cose strane: e Lautaro, a botta sicura, si è visto invece parare il suo rasoterra dal bravo Tatarusanu, eroe per caso dopo l’infortunio di Maignan. E così questo Milan-Inter tanto atteso e discusso come i vecchi derby di una volta, prende un’altra piega. Il Diavolo resta a galla anche nella ripresa quando i nerazzurri cercano in tutti i modi di trovare il raddoppio prima con Barella e poi ancora con Lautaro che conclude fuori da pochi metri. Nel finale è invece il Milan a recriminare per un palo colpito da Saelemaekers e una punizione di Ibra neutralizzato da Handanovic.

Chi si accontenta gode, ma il pareggio, diciamolo, rallegra solo il Milan che resta agganciato alla vetta insieme al Napoli (1-1 col Verona) conservando 7 punti di vantaggio sull’Inter e 10 sull’Atalanta, sabato vittoriosa per 2-1 sul Cagliari.

L’Inter invece rimane come un bimbo cui hanno tolto l’aquilone. Delusa, con niente in mano. Perché quei sette punti di distacco, dopo 12 partite, fanno male. E dopo la sosta della nazionale ai nerazzurri toccherà vedersela col Napoli, non proprio un cliente facilissimo. “Il bicchiere è mezzo vuoto”, dice Simone Inzaghi con la solita voce rauca. Ha ragione perchè l’Inter ha avuto più occasioni per chiudere la sfida. Ma senza riuscirci. Sia per la non brillante serata dei suoi attaccanti, sia per la tenacia dei rossoneri, mai rassegnati alla sconfitta.

Se Lautaro e Dzeko non hanno reso come ci si aspettava, chi ha invece tirato fuori le sue carte migliori è stato Calhanoglu, determinatissimo nel confermare la nota legge dell’ex: il turco, cui Inzaghi ha dato fiducia a centrocampo, fin da subito dimostra una vitalità mai esibita dopo il suo trasferimento all’Inter . E approfittando di uno strano pasticcio di Kessie, che si intestardisce a ritornare verso la sua porta, riesce a procurarsi un rigore che poi realizzerà con freddezza nonostante le proteste dei tifosi rossoneri. Non è un penalty limpidissimo, ci vorrà infatti un lungo esame del Var, ma alla fine il rigore ci sta. Diciamo che a Kessie, venuto a contatto con la gamba del turco, non si capisce bene cosa sia venuto in mente, visto che aveva tutto l’agio di liberarsi del pallone senza intorcinarsi in quell’assurdo dietrofront. Una volta gli allenatori gridavano “palla lunga e pedalare.” Adesso invece tutti i tecnici, per far vedere come sono moderni, pretendono la famosa ripartenza dal basso, costringendo portieri e difensori al rischio di queste figuracce.

Fonte: Il Sole 24 Ore